Salute. La discalculia evolutiva e le modalità di intervento

CATANIA – Si stima che in Italia le persone che presentano disturbi con difficoltà significative nel calcolo e nell’apprendimento del sistema logico-matematico, ovvero affetti da discalculia, siano circa il 20% degli scolari (Fonte: Lucangeli e coll., 2006). Secondo gli studi statistici del MIUR, la percentuale degli alunni con DSA, Disturbi Specifici dell’Apprendimento, nel sistema nazionale di istruzione supera di poco l’1%, a fronte di un’incidenza media che, secondo le indagini epidemiologiche, si attesterebbe fra il 3 e il 5% dell’intera popolazione. Ma cosa si intende per discalculia e come viene diagnosticata e trattata? Ne abbiamo discusso con la Dott.ssa Mariangela Luisa Calvagno, Logopedista.

Da quanto tempo si parla in Italia di questo disturbo?

«Nel nostro Paese il riconoscimento ufficiale dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA), ovvero dislessia, digrafia e disortografia, e discalculia, è piuttosto recente: per la prima volta la tematica DSA è stata affrontata in Italia dal Ministero con la C.M. del 5 ottobre 2004 n. 4099/A/4, ma è solo nel 2010 che il Parlamento ha approvato una legge specifica, la Legge n. 170 dell’8 ottobre 2010, riguardante “Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico.»

Cosa si intende per Discalculia?

«Precisamente la discalculia (evolutiva) è un disturbo specifico dell’apprendimento e si definisce come un disturbo nell’elaborazione di segni e numeri in grafemi corrispondenti e nella compromissione dell’abilità di calcolo. C’è da sottolineare il fatto che tale disturbo si manifesta con caratteristiche costanti, mentre in altri casi possiamo parlare di “difficoltà”: infatti quando si parla di difficoltà in matematica, queste possono rilevarsi nel calcolo e nell’interpretazione dei segni, ma possono facilmente essere ridotte e/o recuperate mediante lo svolgimento delle consuete attività didattiche.»

Come si riconosce un bambino discalculico?

«Le caratteristiche principali di un bambino discalculico si riconoscono nelle difficoltà di riconoscimento e denominazione dei segni alfanumerici; nella trascrizione di quest’ultimi, soprattutto nelle attività di copiato e di dettatura; difficoltà nell’associare il numero (segno) alle quantità corrispondenti e difficoltà nell’enumerazione orale (conta), sia ascendente che discendente.»

Perché interviene il logopedista?

«Le aree di intervento di un bambino con disturbo specifico nell’abilità di calcolo sono molteplici: diverse figure, come il neuropsichiatra infantile, lo psicologo clinico, il logopedista, il pedagogista clinico, la scuola e la famiglia, dovrebbero cooperare tra loro in maniera sinergica per potenziare le prestazioni dello scolaro. Nello specifico le attività svolte del logopedista interessano precise aree di intervento quali il potenziamento delle abilità di associazione, l’abilità di orientamento spazio-tempo, l’abilità di memoria verbale e di memoria visiva, l’abilità di confronto-analisi e classificazione.»

Come curare un bambino discalculico?

«La presa in carico del paziente con discalculia è globale, così anche per tutti i DSA, e interessa il potenziamento e l’allenamento delle aree relative all’abilità di calcolo. Inizialmente si attuano dei test e strumenti di valutazione che vengono utilizzati per l’entità del disturbo e per misurare l’efficienza delle abilità implicate nel calcolo aritmetico. In seguito alla valutazione e alla diagnosi corretta del grado di disturbo del calcolo, ogni figura professionale interviene, a seconda delle proprie competenze, nel potenziamento delle aree deficitarie e si propongono nel suggerire i dispositivi sostitutivi e/o compensativi per la scuola: calcolatrici, software/dispositivi per computer, tavole pitagoriche, registratori vocali.»

Questi bambini sono agevolati a scuola?

«Generalmente si crede che chi presenta un Disturbo Specifico dell’Apprendimento, in questo caso specifico chi presenta un disturbo del calcolo (discalculia), sia agevolato a scuola per l’uso degli strumenti compensativi, rendendo meno faticoso il carico di studi. Questo è un luogo comune, perché gli strumenti compensativi non rappresentano per questi soggetti una facilitazione né un vantaggio, ma un’alternativa significativa nelle attività di calcolo, di fronte alle comprovate difficoltà matematiche.»

Clemente Cipresso

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