Napoli. Appuntamento con la Coscienza

NAPOLI – Ieri, 04 ottobre, alle ore 16:00 in Piazza del Plebiscito, si è svolta la quarta giornata mondiale dei Giovani per la Pace. L’ evento è stato organizzato dal Serming – Arsenale della Pace di Torino, fondato da Ernesto Olivero nel 1964; in collaborazione con il Comune e l’Arcidiocesi di Napoli rappresentata in piazza dal Cardinale Sepe, entusiasta della sua Città così ‘ringiovanita’.

Migliaia di giovani provenienti da tutto il mondo si sono uniti sotto la bandiera con lo slogan “vedi Napoli e poi Pace”, con facce colorate e parole di amore e libertà, non solo per svegliare le coscienze assopite, ma anche per scopi concreti: in piazza c’erano i “cointainers della solidarietà”, dove sono stati raccolti beni alimentari a lunga scadenza per la Caritas della Giordania, che aiuta le popolazioni irachene e siriane in fuga dalla guerra.

Dopo l’applauso a Papa Francesco nel giorno della festa del patrono d’Italia, sul palco ci sono succeduti personaggi che hanno portato una forte testimonianza, in particolare Mike Mwenda  dallo Zambia, che da bambino di strada adesso vuole fare il giornalista per aiutare i bambini che non sono più amati da nessuno. Poi Davide Cerullo, ex baby pusher di Scampia, che parlando della sua conversione in carcere ha ammesso che «Gesù Cristo è il più grande rivoluzionario di tutti i tempi» ed ora è attivista in un’associazione proprio nelle vele di Scampia,  occupandosi di ragazzi disadattati.

«I limiti sono solo in chi li guarda», questo è stato invece il motto di Simona Atzoli, ballerina, pittrice, nata senza gli arti superiori, che ha concluso la passerella ballando, sullo sfondo la frase “Coscienza è accogliere la vita come un dono”. Nel finale l’intervento di Ernesto Olivero che ha parlato della sua “Lettera alla coscienza”, opera distribuita in tutta la Piazza: «La lettera nasce dalla sofferenza dei giovani che hanno perso fiducia nelle Istituzioni; sarà tradotta in ogni lingua e portata in tutti i palazzi di potere.», si è definito un “uomo debole”, infine ha concluso: «Sono un pover’uomo e nella lettera scrivo ai poveri uomini come me, ai deboli; sono convinto che per fare un mondo nuovo serva la nostra debolezza, quella dei giovani, dei poveri, perché Dio ha sempre scommesso sui più piccoli!».

By Rosa D’Anna

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