Napoli. A giugno l’accademia delle “performing arts” nella chiesa di San Potito

NAPOLI – Sabato 25 febbraio il Cardinale di Napoli, Crescenzio Sepe, ha aperto la chiesa di San Potito, situata in Via Salvatore Tommasi, zona Museo Archeologico. Il luogo di culto, che era chiuso da molti anni, è stato affidato al Maestro Carlo Morelli, Presidente dell’associazione “Ad alta voce”, con l’obiettivo di rendere questo sito un laboratorio teatrale, musicale e culturale.

Napoli è una città ricca di chiese, molte di questo però sono chiuse da tempo. Ogni giorno associazioni di cittadini chiedono alle Autorità di avvalersi di questi luoghi per portare avanti i loro progetti sociali. Al riguardo, la chiesa di San Potito ne è un esempio andato a buon fine: sabato mattina infatti, per la prima volta, la chiesa è stata riaperta, non pronta tuttavia a ospitare attività di alcun tipo. L’associazione di Carlo Morelli però, insieme ad alcune persone del quartiere, ha iniziato una prima operazione di pulizia generale. Sembra che durante le pulizie alcuni ragazzi abbiano anche trovato i resti di un vecchio dipinto tra le rovine: l’opera è stata messa al riparo in attesa di essere esaminata da un esperto.

Per saperne di più sulle attività che l’associazione svolgerà nella chiesa di San Potito, abbiamo rivolto le nostre domande a Carlo Morelli.

Come nasce questa iniziativa?

«Il Cardinale, conoscendo la storia dei miei laboratori e delle mie attività, compiaciuto soprattutto dal mio lavoro con i giovani, spesso in quartieri difficili, ha avanzato la richiesta di voler costruire un modello di laboratorio culturale nella zona di Materdei-Cavone. Ho presentato questo progetto e lui mi ha affidato questa chiesa, con la formula del comodato d’uso per 30 anni».

Quali attività saranno svolte?

«Accrediteremo la sagrestia all’alta formazione, sempre inerente allo spettacolo, quindi musica, danza e recitazione, un’accademia delle performing arts. Inoltre c’è anche l’idea di un cineforum, e per concludere una sala da teatro. Con l’ingegnere stiamo preparando un impianto di ascolto, unico in Europa. Prepareremo questo progetto per presentarlo poi a Franceschini, De Luca e alla Comunità Europea, con la speranza di ricevere dei fondi».

Data di apertura?

«Vorremmo iniziare già da giugno ad aprire le porte della chiesa alla città. Questo dovrà diventare un motore enorme per tutti i cittadini, i ragazzi verranno a studiare qui. Bisogna fare in modo che Napoli possa recuperare il suo legame col passato, tornando a essere un punto luce forte che illumini la cultura».

Cosa si aspetta da quest’esperienza?

«Innanzitutto di trasmettere tanta cultura, e poi spero che questo sia un esempio per la città, favorendo l’apertura di altre chiese per nobili fini collettivi. Augurandomi che il progetto possa coinvolgere anche gli abitanti del quartiere».

Stefano Colasurdo

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