Arte. Geografia immaginaria per “Eutopia – Road to Nowhere”

NAPOLI – Giovedì 1 marzo alle ore 18:00, presso l’Hotel Renaissance Naples Hotel Mediterraneo, ha avuto luogo l’inaugurazione della mostra  “Eutopia – Road to Nowhere”, visitabile gratuitamente fino al 18 marzo, a opera del giornalista e artista Alessandro Chetta. Un lavoro che intende sensibilizzare i cittadini sulla visione della geografia e sulla questione migranti e il terribile viaggio di questi verso le sponde europee.

La Torre Eiffel si affaccia sul mare; il Vesuvio è posto tra i vulcani di Islanda; le Piramidi confinano con le Ramblas; mentre la strada per Gaza passa per le spiagge di Copacabana. L’unione di “eu” e “utopia”, un luogo buono, un luogo che non c’è: questo è il progetto di geografia immaginaria, “geografia dell’anima” come afferma Alessandro Chetta, che partendo da una mappa accosta città e monumenti d’arte o di natura, seguendo un proprio gusto artistico, esclusivamente attraverso l’uso di forbici e colla. “La realtà è sold-out, non possiamo più immaginare nulla, ormai internet e la rete hanno commissariato la mente; ebbene immaginare, tornare a farlo attraverso un gioco come il collage, significa rimettere al mondo il mondo, come diceva Alighieri Boetti, inventarsi il proprio mondo,”, ha spiegato l’autore agli intervenuti.

Sette produzioni e un’opera ad hoc intitolata “Itaca”, dedicata ai migranti e in particolare alle donne che affrontano il viaggio verso l’occidente; in questo caso, a differenza dell’Odissea, a partire non è Ulisse, ma Penelope. “Partire da Itaca per ritornarci, perché si cerca di ritrovare sempre la propria casa anche quando la si lascia, e questo è il modo migliore per presentarsi a chi abita in un certo luogo: non smarrire mai la propria identità. L’opera non si lega solo alla cronaca drammatica dei nostri anni; le donne camminanti, migranti, nascono dalla notte dei tempi”, ha affermato Alessandro Chetta, a cui abbiamo rivolto le nostre domande.

Ci descrive il suo progetto?

«E’ una ricerca formale sul tema della cartografia, le carte geografiche; la particolarità è che sono mappe geografiche inventate, cioè create con ritagli di altre mappe geografiche per creare isole, continenti, terre immaginarie, ma plausibili, perché i ritagli sono fatti in maniera tale che ogni linea di costa sia contigua. Il perché è innanzitutto per un sentimento estetico molto forte verso la cartografia, perché le mappe sono la cosa più elegante che possa esserci e perché immagino che oggi la geografia è bistrattata, qualcuno ha anche detto che non serve più. In tempi di satelliti e foto satellitari può anche essere vero, ma per me era necessario stravolgerla e rimettere al mondo il mondo.»

E “Itaca”?

«La mostra si collega a Marzo Donna, e tra le opere c’è questa ad hoc: ho immaginato un viaggio non di Ulisse, ma di Penelope, che stanca di stare al telaio ha deciso di partire. C’è una mappa geografica in cui si può immaginare un altrove e un’isola centrale che non è tanto Lampedusa, ma l’occidente, nella mente di un migrante. C’è tanto mare e terre lontane, di cui si vede appena la costa, che rappresentano l’approdo vero a cui il migrante tende: una casa nuova, Itaca.»

E’ stata una ricostruzione complessa?

«Un lavoro lungo, tutto forbici e colla, senza barare, senza scaricare da internet. Sono tutte cartine geografiche reali che ho tagliuzzato: la mia casa è stracolma di carte geografiche, oltre tremila.»

Dario Quattromani

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