Se una persona disabile ti chiede amore? Intervista allo psicologo Lelio Bizzarri

ROMA – “Se una persona disabile si innamorasse di te?”. E’ il titolo del seminario svolto la settimana scorsa presso la sede dell’Ordine degli Psicologi del Lazio. Tra i vari temi sono stati proposti i risultati degli oltre 900 questionari completamente anonimi che sono stati rivolti sia a persone con disabilità che normodotate. I risultati hanno cercato di dare una risposta a una domanda molto semplice, ma allo stesso tempo molto delicata: “È davvero impensabile per una persona con un deficit cognitivo intraprendere una relazione sentimentale?”. Ne abbiamo parlato con il Dr. Lelio Bizzarri, psicologo e psicoterapeuta iscritto all’Ordine degli Psicologi del Lazio, nonché formatore e implementatore di progetti di promozione del benessere psicologico della popolazione in genere e delle persone disabili, anziani, caregiver familiari e operatori in particolare.

Dr. Bizzarri come è nata l’idea del questionario?

«L’idea del questionario è nata in risposta a una serie di affermazioni che si ritrovano nella letteratura scientifica inerente la questione della sessualità delle persone diversamente abili, risalenti a qualche decennio fa, riprese tal quali e senza che siano state elaborate ricerche che avessero lo scopo di indagare in maniera più rigorosa sul fenomeno, mutato nel corso degli anni. Partendo da questi presupposti ho pensato di ideare il questionario, per consentire alle persone di esprimersi liberamente in forma anonima. L’idea infatti era quella che, considerando l’anonimato del questionario, rispondendo non si doveva sentire la necessità di mitigare i propri atteggiamenti negativi, allorché ci fossero stati. Pur consapevole di alcuni limiti metodologici e del fatto che lo strumento non fosse idoneo a tracciare delle conclusioni definitive sull’argomento, posso dire che esso è servito a mettere in discussione alcuni luoghi comuni che condizionano la psicologia delle persone con disabilità in senso depressivo e limitano la portata delle loro aspettative e i progetti di vita.»

In particolare quali sono le nozioni di senso comune che avete notato in merito a questo argomento?

«Sostanzialmente quelle che ribadiscono che parlare di sessualità delle persone disabili è un tabù e che per le persone con disabilità sia pressoché preclusa la possibilità di raggiungere la soddisfazione sessuale e vivere rapporti di coppia. Addirittura nell’introduzione al progetto di legge sull’assistenza sessuale viene proprio affermato, a giustificazione dell’urgenza di ratificare la figura dell’assistenza sessuale, che è impossibile, e cito testualmente, per le persone disabili vivere la sfera sessuale spontaneamente con partner consenzienti.»

Il target di persone che ha compilato il questionario?

«La prevalenza è stata di donne di età sotto i 40 anni, con un livello di studio medio alto, risiedenti in piccoli centri di provincia, non disabili. Cospicua è stata la rappresentanza delle persone con disabilità, ma non preponderante. Il questionario ha catturato molto l’attenzione anche di persone che avevano semplicemente amici o conoscenti disabili. Ha coinvolto anche molti operatori.»

I risultati emersi dalla ricerca?

«Il dato più significativo è l’estrema positività di atteggiamento rappresentata nelle risposte rispetto alla tematica che smentisce una visione terroristico-depressiva: più del 90% delle persone riferisce di considerare normale che una persona disabile, quale che sia la tipologia, esprima sentimenti e desideri sessuali. Rispetto al coinvolgimento personale quasi la metà delle persone hanno dichiarato di non avere preclusioni aprioristiche nel coinvolgersi sentimentalmente con una persona con disabilità motoria o sensoriale. Rispetto alla disabilità cognitiva invece c’è più resistenza, in quanto la risposta predominante all’ipotesi che una persona con un deficit cognitivo si innamorasse di chi rispondeva al questionario è stata che avrebbero reagito con un sentimento di tenerezza, senza prendere in considerazione l’ipotesi di ricambiare i sentimenti. Detta visione positiva non si concretizza in esperienze con la stessa diffusione: quasi il 70% delle persone ha dichiarato di non aver avuto esperienze di alcun genere con persone disabili. Dato questo che si presta a molte interpretazioni e che merita un approfondimento: si può ipotizzare che gli atteggiamenti positivi dichiarati non siano così radicati, oppure che ci siano ostacoli strutturali, sociali ed economici che rendono difficoltoso il tramutare un sentimento in una relazione concreta o anche semplicemente in un’avventura di una notte.»

Avete notato delle differenze rispetto a quanto vi aspettavate?

«Devo dire che non mi aspettavo una tale preponderanza di atteggiamenti positivi e che così tante persone si dichiarassero aperte a un potenziale coinvolgimento sentimentale con persone con handicap motorio o sensoriale. Non sono rimasto deluso più di tanto che le esperienze concrete siano state poche, perché comunque è un dato che riscontro nella mia esperienza professionale e personale. C’è da dire inoltre che, considerando che il quasi il 30% dei partecipanti erano persone disabili e che la domanda chiedeva se si erano avute esperienze con persone con disabilità, le risposte non potevano tener conto di esperienze fatte da persone disabili con persone normodotate. Di conseguenza si può dire che il dato è sottostimato.»

Cosa farete in concreto dopo questa esperienza?

«Che cosa faremo è molto difficile stabilirlo, dato che gli interventi che si possono sviluppare per incentivare la tendenza positiva o approfondire alcuni aspetti non del tutto chiari sono legati indissolubilmente alle risorse che vengono investite. In sostanza si può dire che la fase 2 non può vivere dell’iniziativa volontaristica di un singolo, considerando quanto è stata onerosa la prima. Dipende anche dalle associazioni e dalle istituzioni scegliere di investire economicamente e politicamente su progetti che si fondano sull’idea del tabù o su interventi che possono concretamente dare la possibilità alle persone disabili di potenziare le loro risorse e metterle sul piatto delle relazioni sentimentali.»

Cosa pensa, alla luce di tutto ciò, sul mondo della disabilità?

«Mi viene in mente che il mondo della disabilità, affianco alle sacrosante battaglie per i diritti, dovrebbe far circolare più senso di positività e di coraggio nel proporsi al mondo delle persone comuni, abbracciando la sfida di uscire dai luoghi cosiddetti protetti. La dimensione corporea delle persone disabili non deve essere negata, bensì valorizzata. Ogni persona, quale che sia la menomazione, merita cura e attenzione estetica, nonché deve poter avere la possibilità di socializzare con la massima libertà. Da questi presupposti sarebbe molto più agevole ricercare la felicità anche in ambito sentimentale.».

Clemente Cipresso

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