Il mercato nero finanzia lo Stato islamico. Il confronto Turchia-Russia non aiuta

LONDRA – Tra i mezzi che sostengono la sopravvivenza dello Stato islamico c’è la vendita di petrolio. Ma se, come spiega Carole Nakhle la fondatrice e direttrice di Crystol Energy, una soluzione può essere rintracciata solo nella cooperazione tra le amministrazioni regionali e internazionali così da coordinare sforzi e strategie militari, il clima di tensioni e accuse tra le varie potenze ci riporta in alto mare.

Il commercio illegale di petrolio si stima apporti alle casse dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante tra 1 e 1,5 milioni di dollari al giorno. Ma sostenere i processi di gestione dei giacimenti di petrolio significa avere a disposizione tecnici e ingegneri reclutati dall’ISIS. La domanda è dunque: la collaborazione viene assicurata dall’offerta di pagamenti talmente redditizi da non poter rifiutare, o semplicemente dalle minacce verso chi non collabora? “In mancanza di regole di diritto delle società moderne tutto è possibile”, scrive al riguardo Carole Nakhle per Al Jazeera.

La fondatrice e direttrice di Crystol Energy, una società di consulenza indipendente che copre l’intero spettro dei mercati mondiali dell’energia, con una particolare attenzione per petrolio e gas, sostiene che la manutenzione dei giacimenti per la produzione di petrolio è costosa. Ma per quanto lo Stato islamico rischi il calo del business che ne deriva, in realtà questo non potrà concretizzarsi in breve tempo: anche se la produzione cala infatti, si può andare avanti per anni o anche decenni. Inoltre si pensi che a complicare le cose ci sono i clienti ‘non convenzionali’ che si affidano al petrolio dello Stato islamico per la sopravvivenza: milioni di persone che vivono nelle zone controllate dal regime devono accedere al diesel per soddisfare loro bisogni primari come elettricità, mobilità e riscaldamento.

Secondo la dottoressa Nakhle, “la Turchia può dare un importante contributo stringendo il controllo alle frontiere, ma questo passo non è da solo sufficiente. Anche se la Turchia vieta ogni commercio proveniente dalla Siria, saranno presto identificate altre vie di fuga. (…) IL PUNTO DI PARTENZA PER UNA SOLUZIONE PIÙ EFFICACE È UNA PIÙ STRETTA COOPERAZIONE TRA LE AMMINISTRAZIONI REGIONALI E INTERNAZIONALI, SOPRATTUTTO IN TERMINI DI COORDINAZIONE DEGLI SFORZI E DELLE STRATEGIE MILITARI. IL CRESCENTE CONFRONTO TRA LA TURCHIA E LA RUSSIA STA SEMPLICEMENTE METTENDO LA COMUNITÀ INTERNAZIONALE NELLA LOTTA CONTRO lo Stato islamico SULLA STRADA SBAGLIATA”.

Camilla Esposito

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