Scoperto in Argentina il fossile di un antico uccello predatore

LA ESTAFETA – Scoperto su una spiaggia argentina lo scheletro completo del più grande esemplare mai esistito di una nuova specie di uccello predatore. Lo scheletro è stato scoperto da alcuni paleontologi argentini sulla spiaggia di La Estafeta, non molto lontano dalla città turistica di Mar del Plata, e pare sia lo scheletro più intatto (Al 90% del totale – ndr) mai scoperto in assoluto, rappresentando addirittura una nuova specie.

Grazie a quanto scoperto dagli scienziati, che hanno analizzato e studiato la struttura dello scheletro, si è riusciti addirittura a ricostruire la struttura dell’orecchio interno dell’animale. Grazie a questa ricostruzione, è risultato che l’uccello in questione aveva un udito inferiore rispetto alla media normale degli uccelli moderni.

Gli uccelli predatori, o phorusrhacidae, sono stati i grandi predatori sul territorio sudamericano nell’era successiva all’estinzione dei dinosauri, avvenuta circa 65 milioni di anni fa. Queste specie infatti,  pare fossero in grado di volare fino a 3 metri di altezza, vantando gambe lunghe e becchi a punta devastanti.

Un precedente studio ha rivelato inoltre che questi uccelli, con la loro agilità, avrebbero potuto catturare e uccidere le loro prede con un solo colpo: “Si sono evoluti forme molto particolari, con enormi teschi, enormi becchi con ganci, e lunghe zampe posteriori, sviluppando notevoli capacità predatoriali che solo pochi animali possedevano”, ha affermato il Dott. Degrange, uno specialista di uccelli predatori che lavora presso l’Università Nazionale di Cordoba.

Secondo gli scienziati, la cosa più interessante tra i dettagli ben conservati del fossile, è proprio il suo cranio, che ha permesso ai ricercatori di fare alcune ipotesi plausibili sulle capacità sensoriali dell’animale, e anche la sua voce: “Siamo riusciti a ricostruire la forma dell’orecchio interno”, ha spiegato il Dott. Degrange. Sulla base di vari confronti tra animali infatti, pare che la specie in questione avesse una maggior sensibilità per i suoni a bassa frequenza, di conseguenza a loro volta emettevano dei suoni bassi e profondi. Sempre secondo il Dott. Degrange, confrontando il fossile con l’anatomia degli uccelli viventi, i suoni emessi dall’animale pare fossero molto simili a quelli degli struzzi attuali o agli emù, ma non è possibile affermarlo con certezza.

Iulia Nicoleta Dana

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