Napoli. Il Flash Mob dell’Unione degli Studenti contro la Buona Scuola

NAPOLI –  L’Unione degli Studenti ha organizzato nel primo pomeriggio di venerdì 5 maggio, alle ore 15:30, un Flash Mob che, partendo da Piazza Garibaldi, nei pressi della sede della libreria Feltrinelli, si è diretto verso la sede dell’Ufficio Scolastico Regionale in Via Ponte della Maddalena, per rivendicare l’approvazione immediata dello statuto delle studentesse e degli studenti in alternanza Scuola-Lavoro e il ritiro della Buona Scuola e delle deleghe in bianco approvate dal Ministero.

All’esterno della sede dell’Ufficio scolastico, gli studenti ‘armati’ di pentole, mestoli, cori e megafoni hanno dato vita a una rumorosa protesta, al riguardo abbiamo raccolto le dichiarazioni di Gigi Cannavacciuolo, Coordinatore regionale dell’UDS Campania.

Perché questo flashmob?

«Abbiamo organizzato un flash mob sotto la sede dell’Ufficio scolastico regionale per tornare dalla dirigente che il 17 novembre scorso, in un tavolo dopo il corteo studentesco, ci disse che non poteva ascoltare e tener conto delle proposte studentesche perché doveva tutelare gli interessi delle aziende. Noi invece vogliamo rompere questo muro delle Invalsi e della Buona scuola, veri e propri ostacoli per il protagonismo studentesco e il diritto allo studio.»

Perché questa riforma non piace?

«Partiamo dal metodo con cui è stata approvata: una consultazione farsa usata come propaganda senza ascoltare le miriadi di studenti che si sono mobilitati fino a maggio, occupando scuole e presentando una riforma alternativa, l’AltraScuola. A due anni dall’applicazione la scuola è ufficialmente diventata un’azienda: i presidi-manager, con il potere che hanno assunto, fanno il bello e il cattivo tempo togliendo ogni spazio di democrazia, negando assemblee o censurando la popolazione studentesca, o schedandola come al Masullo Theti di Nola, dove la preside ha tentato di istallare telecamere all’interno della scuola e ha costretto gli studenti a indossare cartellini identificativi, oltre a sancire sanzioni economiche. La didattica ha tempi schizofrenici e non mette al centro lo studente; la valutazione, con l’assunzione di una centralità delle Invalsi, mira alla competizione e alla classificazione delle scuole, lasciando indietro le scuole più bisognose e premiando le eccellenze con la retorica classista della meritocrazia. L’esame di stato è stravolto: le Invalsi, nonostante i boicottaggi e le proposte di valutazione alternative, dovranno essere compilate anche in quinta come criterio per accedere all’esame. La tesina è stata sostituita con una relazione sull’alternanza: sarà divertente ascoltare le relazioni che parleranno di come friggere le patatine al McDonald’s, di come si vendono i vestiti da Zara o gli oggetti in Autogrill, di come si fanno le fotocopie negli uffici pubblici.»

Alternanza scuola-lavoro, siete critici al riguardo?

«L’Alternanza Scuola-Lavoro si è dimostrata una totale perdita di tempo, e nella maggior parte dei casi si è rivelata per quel che era: uno strumento a favore delle aziende per usufruire della manodopera studentesca gratuita. Gli studenti non hanno bisogno di fare esperienza nel mondo del lavoro, se questo significa entrare in contatto con la precarietà, con lo sfruttamento, con il non-rispetto dei diritti. L’Alternanza Scuola-Lavoro o è una metodologia didattica che riesce a mettere al centro lo studente, con nuovi tipi di didattica e nuovi modi di fare lezione, con un forte finanziamento sull’edilizia scolastica per costruire laboratori per mettere a disposizione della popolazione studentesca la tecnologia adatta ad assumere competenze, con la libertà necessaria per utilizzarle in maniera critica e creativa, oppure rimane quello che è: un modo per subordinare il mondo della formazione ai privati, che guadagnano e fanno profitti sfruttando gratuitamente il lavoro degli studenti. Per diventare questo, c’è bisogno che lo studente sia in primis fuori dal meccanismo produttivo delle aziende, sia dotato di una serie di diritti che lo mettono nella condizione di decidere e proporre progetti di alternanza, di un codice etico da far rispettare alle aziende in modo da non fare alternanza in luoghi che non hanno nulla di formativo, dato che ci sono aziende che non rispettano i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori, che non fanno formazione, che sono responsabili dell’inquinamento dell’aria e della devastazione dell’ambiente, che sono colluse con le camorre.»

 

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