Caserta. Aperta la prima aula studio gestita da studenti

CASERTA – Martedì 2 maggio, i ragazzi del Laboratorio Sociale – Millepiani hanno inaugurato l’aula studio Brigante Palma, la prima totalmente gestita dagli studenti e per gli studenti, con l’obbiettivo di garantire agli stessi posti a sedere per studiare e servizi altrimenti non offerti nelle due biblioteche comunali casertane.

L’aula studio, nominata così in onore di Pietro Domenico Strafaci, detto Palma, ricordato come il “brigante fuori dal comune” per essere stato un difensore degli oppressi e uno spietato bandito contro i prepotenti, resterà aperta tutti i giorni dalle ore 16:00: “Finché l’ultima persona non andrà via, anche se si cercherà di adattarsi alle esigenze di ogni singolo studente”, così come riferito dai coordinatori.

A disposizione del collettivo tutti i servizi a misura di studente: collegamento Wi-Fi, punto ristoro, servizi igienici, angolo internet con il possibile utilizzo del computer fisso, una macchina fotocopiatrice con installato al suo interno un database di ricerche e libri, infine una mini-biblioteca. L’edificio, che era una struttura comunale, è stato occupato circa 13 anni fa dai ragazzi del collettivo, che nel corso degli anni lo ha ristrutturato attraverso una campagna di autofinanziamento. Al riguardo abbiamo raccolto la testimonianza dei coordinatori Ferdinando Errichiello, Iryna Mahan e Lucia Santoiemma.

Perché aprire un’aula studio? 

Iryna: «Sostanzialmente per dare un’alternativa valida a quello che la realtà casertana oggi offre. L’unica biblioteca comunale della città, la “Alfonso Ruggiero” ha orari improponibili per quella che è la vita di uno studente universitario».

Ferdinando: «Per uno studente fuori sede è un incubo studiare: il nostro spazio di 90 m² è sicuramente piccolo, ma comparato alla biblioteca comunale, che chiude alcune sezioni e restringe di conseguenza anche i posti a sedere, soddisfa le prerogative di tutti, senza impedimenti».

Cosa vi stimola ad andare avanti per questa strada? 

Iryna: «Quello che ci spinge ad andare avanti è probabilmente una sorta di vocazione per quel che è la società che ci circonda, motivata dalla voglia di trasformare la frase “sii tu il cambiamento che vuoi vedere nelle persone” in realtà».

Lucia: «La necessità di trovare uno spazio ‘nostro’, un centro di aggregazione sociale dove poter studiare e confrontarsi con le proprie proposte, a tal punto da attuare tutto ciò di cui si ha bisogno, ma è solo uno dei tanti fattori che ci spingono a vivere questa esperienza con gli occhi di chi ci crede e vuole portare a termine l’obbiettivo, e anche per il dissesto provinciale che obbliga le scuole a restare chiuse di pomeriggio e bloccare tutte le attività extra-scolastiche: è un peccato, perché se con il Decreto Buona Scuola quest’ultima poteva permettere ai tanti studenti di integrarsi meglio con il contesto scolastico, ora tutto va a finire nel dimenticatoio».

Ferdinando: «Bella domanda! Sembra quasi messa in risalto la contrapposizione per eccellenza tra quelli che rimangono e quelli che scappano di fronte alle difficoltà. La città effettivamente offre poco e non ti nascondo che la tentazione di ‘scappare’ è passata anche a noi per la testa, ma l’idea di concepire un posto migliore dove la gente non venga schiacciata dai grandi potentati economici e i ragazzi possano amare la propria terra, aiutandola a crescere a poco a poco e valorizzarsi, ha sempre vinto: pochi di noi ce la stanno facendo, facendo già assemblee comuni che permettono a chiunque di esprimere la propria opinione a riguardo delle tematiche affrontate, ma cosa si potrebbe fare se si allargasse la collaborazione e le forze di tutti si unissero verso un’unica direzione?».

E’ tutto autofinanziato?

Ferdinando: «La scelta che abbiamo preso sin dal primo momento è stata quella di non avere sponsor: se qualcuno ci vuole aiutare lo fa perché davvero è interessato al bene comune, e non all’interesse privato e personale. In 10 anni l’edificio non era mai stato ristrutturato: abbiamo avviato una campagna di autofinanziamento, iniziata a settembre, raccogliendo i soldi attraverso eventi come feste, lotterie e cene. La condivisione dei saperi è il nostro cavallo di troia: se la scuola e l’università hanno un costo troppo elevato e un tavolo dove potersi sedere per confrontarsi diventa utopia, noi abbiamo l’obbligo di rendere solidale un posto già di per sé familiare e trasformarlo in una nuova casa, di chi ci viene, e necessità di chi la vive».

I rapporti con il Comune di Caserta? 

Iryna: «Il nostro spazio ci è stato affidato con una consegna-chiavi nel 2005, da quel momento il rapporto con il Comune è terminato. Ma ci sono state conseguenze: molte persone furono denunciate, altre hanno dovuto affrontare processi».

Ferdinando: «Se ti interessi a questioni come il biocidio, la condivisione dei saperi e degli spazi abbandonati, i rapporti con le alte cariche della città non saranno amichevoli: se qualcuno ti denuncia, ovvio che poi non ci vai a prendere il caffè la sera! 3 anni fa poi, Del Gaudio, l’ex Sindaco di Caserta, decise di staccarci la corrente, determinando di conseguenza la fine di quei pochi incentivi che il Comune ci passava. Addirittura verso metà febbraio abbiamo letto sul quotidiano Il Mattino che il Comune stesso, in base a una regolamentazione sui beni comuni, decise di mandare delle lettere di sfratto esecutivo ad alcune associazioni, tra le quali c’era anche la nostra (I ragazzi erano in un locale pubblico senza una regolare autorizzazione – ndr), ma a oggi questa lettera non è mai arrivata e per evitare ulteriori danni, senza avere comunque la minima intenzione di alzare nessun polverone, abbiamo deciso di riunirci in assemblea pubblica, facendo passare lo stesso messaggio che si rispecchia nella nostra linea comune: non vogliamo pensare di dovercene andare, siamo riusciti a rendere la nostra posizione totalmente regolare con le questioni burocratiche, abbiamo ravvivato un luogo destinato al degrado e all’abbandono, abbiamo periodicamente organizzato attività ricreative per la comunità casertana: Comune, perché sfrattarci?».

By Michele Calamaio

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