Libri. Presentato “Il metodo della paura. Terrorismo e terroristi”

NAPOLI – Giovedì 5 aprile alle ore 18:00 presso “Laterzagorà Napoli”, spazio interattivo curato dall’associazione “A Voce alta”, ha avuto luogo la presentazione del libro “Il metodo della paura. Terrorismo e terroristi”, Laterza editore, opera di Rosario Aitala, scrittore e giudice della Corte penale internazionale.  Il libro indaga, attraverso la ricostruzione e l’analisi storica, le sperimentazioni del metodo della paura nei contesti, nei tempi e nei sistemi di valori e disvalori.

Dal Terrore nella Rivoluzione francese ai movimenti di liberazione, dallo stragismo nazista in Italia a piazza Fontana, dal jihadismo afghano-pakistano fino al nichilismo autodistruttivo dei tempi del califfato; questa la ricostruzione compiuta attraverso i secoli da Rosario Aitala per spiegare, documentare e indagare il metodo della paura.

Un metodo, quello del terrorismo, funzionale al potere e utile a soddisfare interessi politici e ideologici. Una categoria estremamente universale e controversa che, se in origine veniva somministrata e dosata come sistema di governo da parte dei dittatori e cortigiani, successivamente è stata utilizzata da e contro le persone. Quindi strategia eversiva, arma di liberazione, tattica geopolitica o tecnica mafiosa.

Dopo i saluti iniziali, il pubblico ha assistito alla presentazione del libro e al dibattito tenuto dall’autore, dal procuratore capo di Napoli Giovanni Melillo e dal docente di filosofia teoretica dell’Università degli studi di Cassino Massimo Adinolfi; i tre intervenuti hanno riflettuto sulle questioni affrontate all’interno del libro: innanzitutto la definizione che si dà alla parola terrorismo e il vuoto semantico che accompagna questo concetto e che favorisce diverse strumentalizzazioni del termine; poi, richiamando le parole del giurista Carl Schmitt nella “teoria del partigiano”, si è evidenziato come l’attribuzione della parola e del concetto di terrorista possa variare in base ai cambiamenti dello scacchiere geopolitico e degli interessi; infine l’attualità, il pericolo terrorismo in Italia e il tema del terrorismo islamista – jihadista.

Riguardo quest’ultimo punto gli intervenuti hanno spiegato che occorre sforzarsi di comprendere il fenomeno senza però, come spesso accade, giustificarlo; un fenomeno che non coinvolge cerchie ristrette, ma che al contrario attrae decine di milioni di persone che condividono il sogno di ripristinare un ordine dove non ci sia distinzione tra religione e diritto.

“Un libro schietto, franco e ruvido” – ha spiegato Massimo Adinolfi – “ricco di consigli e che fornisce una linea di condotta insistendo su un punto, e cioè che la demonizzazione del fenomeno è utile fino a un certo punto e per capire il fenomeno stesso è necessario comprendere la logica politica attraverso la ricostruzione storica, sottrarlo dall’effervescenza del momento, dalla logica emergenziale”. Occorre insomma, secondo i presenti, leggere il dato come strutturale e non emergenziale, e ciò impone di organizzare e discutere della necessità di sicurezza e del rischio che quest’ultima ‘mangi’ però via via i diritti.

Nel suo libro quindi, attraverso i diversi capitoli che lo compongono, lo scrittore fornisce gli strumenti per affrontare e capire il metodo della paura: “comprendere il terrorismo”; “il terrore degli Stati”; “il terrorismo contro gli Stati”; “geopolitica della paura”; “terroristi tra maschera e volto”; “il palcoscenico della paura”; e l’epilogo, “il contrario della paura”. Al riguardo abbiamo intervistato l’autore Rosario Aitala.

Perché ha scritto questo libro?

«Il terrorismo è un fenomeno molto più complesso di quanto si pensi, probabilmente questo mi ha spinto a scrivere. Un fenomeno che attraversa tutti i tempi e di cui sentivo parlare in modo troppo superficiale; ristudiando la storia, ho cercato di tornare a molto indietro per capire se c’è qualcosa che accomuna una serie di storie, di fenomeni: Robespierre, il terrorismo di Stato, l’anarchia dell’800, il terrorismo mafioso, l’eversione in Italia, alcune forme di terrorismo geopolitico, lo jihadismo.»

Cosa ha trovato?

«Una serie di particolarità dovute ai contesti, ai luoghi, anche ai sentimenti dei terroristi che variano dagli obiettivi che perseguivano. C’è un dato in comune a tutti questi terroristi, il terrorismo è un metodo per perseguire il potere, utilizza la paura, un sentimento molto umano che riguarda la nostra fragilità, per condizionare, per imporre, per moltiplicare la propria forza e il potere. Ciò accomuna il terrorismo di Stato, quelli eversivi, se vogliamo anche il terrorismo degli oppressori al terrorismo degli oppressi: mentre i partigiani non erano terroristi perché legittimamente rivolgevano la violenza contro un esercito invasore, lo erano i nazisti che uccidevano i civili per terrorizzare la popolazione. Sono invece egualmente terroristi, quindi dal mio punto di vista immorali, tutti coloro che nel tempo hanno utilizzato il terrorismo anche per liberarsi dal nemico: se si pensa alla storia della Palestina, il terrorismo è stato utilizzato dai sionisti e dai palestinesi contro altri esseri umani. Ecco, credo che l’immoralità non si possa graduare, bisogna studiare e capire le ragioni di ogni terrorista partendo da un punto indiscutibile: strumentalizzare gli esseri umani per finalità di potere non è mai accettabile, per nessuno.»

Il libro?

«Il libro è un racconto storico molto asciutto e verificato nei dettagli che offre a ognuno la possibilità di farsi un’opinione. Ho provato a dare uno strumento di comprensione non perché abbia delle chiavi diverse, ma perché ho studiato l’argomento; siamo abituati a masticare frammenti di informazione che non siamo in grado di verificare, che leggiamo sui social o sui siti regolarmente. Sono informazioni rapide che spesso richiedono conoscenze avanzate per essere comprese. L’unico antidoto contro la superficialità è leggere i libri: le librerie sono diventate delle barricate contro l’odio immotivato, contro la paura. Si scrive per provare a mettere insieme i fatti seguendo una certa logica.»

Dario Quattromani

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