Napoli. L’incontro di coprogettazione per il recupero dell’ex Ospedale Militare

NAPOLI – “Risvegliamo il gigante dormiente”, questo è l’invito rivolto all’incontro “Futuri probabili/Futuri desiderabili per l’area dell’ex Ospedale Militare”, organizzato venerdì 28 aprile nel palazzetto Urban del Parco dei Quartieri Spagnoli.

L’evento, a cura di “Ascolto Attivo”, l’unità di progetto interdirezionale coordinamento progetti “Urbact” e Reti per lo Sviluppo di Politiche Urbane Integrate del Comune di Napoli, ha lasciato la parola all’immaginazione dei cittadini sul futuro utilizzo del complesso della S.S. Trinità delle Monache.

Ex Ospedale Militare, Parco dei Quartieri Spagnoli e complesso della S.S. Trinità delle Monache: questi nomi si riferiscono alla vasta area che sovrasta la zona di Montesanto e dei Quartieri Spagnoli che per anni ha ospitato un parco pubblico. Numerosi erano i progetti allestiti per la comunità, tra cui un cinema all’aperto, spettacoli, feste per bambini, un parco giochi, un campetto sportivo. Oggi tutta l’area è abbandonata all’incuria, le giostre sono transennate, il campetto dichiarato inagibile, gli spazi verdi quasi interamente inaccessibili. A ridosso del parco sorge l’ex convento della S.S. Trinità delle Monache, risalente al ‘500, poi riadattato a ospedale militare e infine abbandonato e puntellato. Tra la vegetazione, l’unica struttura ancora utilizzata è il Palazzetto Urban, un centro di aggregazione per gli adolescenti. E’ qui che ha preso corpo il progetto esperienziale di co-progettazione che ha riunito i cittadini partenopei. Nella stesura di una lettera immaginaria, i partecipanti hanno fantasticato sul futuro dell’area, sulla sua riqualificazione e sull’utilizzo delle sue strutture. Questo incontro è il quinto di “Urbact” e ne seguiranno diversi altri: l’obiettivo è quello di elaborare una visione condivisa di trasformazione dell’ex Ospedale Militare per arrivare a un’ottica più ampia di rigenerazione della città di Napoli.

Al riguardo abbiamo contattato Roberta Nicchia, coordinatrice dei gruppi di supporto locale per l’unità di progetto “Urbact” del Comune di Napoli.

Perché questo incontro?

«La città di Napoli è capofila di un progetto chiamato “2nd Chance – waking up the sleeping giants”, che vuole dare una seconda opportunità ai grandi immobili urbani dismessi. E’ un progetto che rientra nel programma Urbact, che vuol far collaborare le città dell’Unione Europea intorno a dei temi comuni di rigenerazione urbana. Napoli ha deciso di lavorare sul recupero e la riqualificazione del complesso della S.S. Trinità delle Monache, quindi l’amministrazione ha avviato un progetto di progettazione partecipata. I cittadini sono stati invitati, sia singolarmente che sotto forma di soggetti collettivi, a partecipare a questo percorso che è partito a dicembre. Hanno risposto in 43 tra soggetti e reti di soggetti. I primi tre incontri sono stati incentrati sull’analisi dello stato attuale, abbiamo cercato di sviscerare tutte le problematiche dell’ex Ospedale Militare, quindi relative al regime proprietario, alla struttura fisica, ai livelli di degrado, quali sono gli usi già previsti e quelli attualmente in corso di realizzazione. Insomma, è un luogo molto complesso. In seguito si è avviata la fase di visioning, in cui la cittadinanza è stata invitata a elaborare la visione condivisa di trasformazione dell’area, un percorso creativo e visionario. In questa fase, tutt’ora in corso, siamo accompagnati dalla società Ascolto Attivo che si occupa proprio di progettazione urbana partecipata. Alla fine del visioning emergerà una visione condivisa, una dichiarazione che conterrà i valori principali per la trasformazione del sito. Seguirà la fase della programmazione, in cui dovremmo individuare le azioni concrete da attuare da qui a 10 anni per il recupero dell’area, quindi si parlerà di chi gestirà l’operazione, dei fondi necessari e della loro reperibilità, nonché degli strumenti necessari. Alla fine del percorso è previsto che l’Amministrazione locale adotti il piano d’azione locale elaborato da Urbact come base per la riqualificazione, noi ci auguriamo che avvenga questo».

Qual è il suo “progetto visionario” per il recupero del sito?

«Io mi auguro che diventi un luogo aperto, pubblico, attraversato da tantissime persone, che sia in qualche modo il motore della rigenerazione di tutto il tessuto urbano di cui fa parte. Una rigenerazione che sia ambientale, sociale, occupazionale e che soprattutto sia un’esperienza interessante e valida di progettazione urbana partecipata, che dia l’avvio di questa pratica in tutta la città. Mi auguro che da questo momento in poi tanti progetti possano essere portati avanti con questa modalità di coinvolgimento della popolazione e di confronto con i tecnici».

E’ soddisfatta della partecipazione dei cittadini?

«Sì, molto. E’ un percorso impegnativo, che richiede una partecipazione attiva. Organizziamo incontri molto lunghi, di diverse ore e mi sorprende sempre vedere come le persone rimangono fino alla fine e sono impegnate. Insomma, stanno dando molto, anche perché la partecipazione è a titolo gratuito, quindi chi prende parte a questo percorso fa un atto di generosità verso la città. E’ una partecipazione numerosa, attiva e appassionata».

Noemi Orabona

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