Napoli. Report dal convegno sul bullismo e cyberbullismo

NAPOLI – Giovedì 20 aprile, dalle ore 09:00 alle ore 13:00, la biblioteca Pagliara dell’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli ha accolto il convegno “Bullismo e cyberbullismo nella città metropolitana di Napoli”, evento coordinato da Antonella Gritti, associato di Neuropsichiatria Infantile presso l’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa; e da Antonio Pascotto, Professore di Neuropsichiatria Infantile presso l’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli, i quali, con il supporto tecnico e scientifico dei colleghi intervenuti nel corso della discussione, hanno mostrato una panoramica generale sui due fenomeni giovanili, relazionali e gruppali che, ampiamente documentati e studiati, mostrano il loro modo di svilupparsi in particolari contesti sociali e culturali a partire da specifici fattori di rischio personali e ambientali.

La giornata di studio, alla quale hanno partecipato anche i rappresentanti di Enti e Istituzioni, che a vario titolo sostengono la ricerca sul fenomeno del bullismo, è stata impegnata inizialmente con l’elaborazione delle due tematiche principali: da una parte il bullismo, forma di comportamento sociale di tipo violento, intenzionale e di natura sia fisica che psicologica che, attuata in maniera oppressiva e ripetuta nel corso del tempo nei confronti di persone incapaci di difendersi, comunica inconsapevolmente una visione delle relazioni umane riduttiva e il tentativo di dare spessore alla propria identità attraverso la sopraffazione; dall’altro il cyber-bullismo, ossia la medesima forma di aggressione violenta, ma attuata tramite l’utilizzo di uno strumento elettronico che eluda il contatto diretto con la vittima e ponga in atto un comportamento particolarmente insidioso, difficile da individuare e prevenire. Esso, seguendo le indicazioni del Professor Pascotto, “condivide alcune caratteristiche con il bullismo tradizionale (Intensità, ripetitività, simmetria di squilibrio di forza – ndr), ma si differenzia nettamente per altre proprio legate al mezzo tecnologico: ha un’elevata riproducibilità; non concerne i feedback non verbali dell’interlocutore, con una conseguente mancanza di empatia emozionale; e presenta un’accessibilità senza limiti”. Ciò che sicuramente è emerso dal seminario è stato il chiaro e importante messaggio espresso da tutti i partecipanti, ovvero la necessità di risposte immediate, strutturali e di lungo periodo.

Tra i relatori impegnati, appartenenti a differenti discipline inerenti l’argomento, la prima è stata Margherita Musello, ordinario di Pedagogia della devianza, della marginalità e legislazione minorile presso l’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa, la quale ha mostrato, con la sua presentazione “Il cyberbullismo tra invisibilità e fragilità. Aspetti giuridici e possibili risposte educative”, gli aspetti principali della ricerca effettuata: “Purtroppo, i ragazzi vittime di bullismo o cyber-bullismo possono andare incontro a un outcome negativo per la salute e la scolarizzazione quali ansia, depressione, uso di sostanze o addirittura ideazione suicidaria; essendo un tipo di bullismo che avviene in un contesto elettronico, viene anche fortemente sottovalutata la carenza di attività educativa da parte degli adulti nell’ambito delle nuove tecnologie: bisogna pertanto saper intervenire con la consapevolezza dei mezzi che si utilizzano e capire che il mondo virtuale è anche una realtà fortemente concreta”.

Secondo Gennaro Catone invece, Neuropsichiatra infantile presso Università degli Studi Suor Orsola Benincasa, il bullismo, illustrato brillantemente nella sua indagine “Bullismo e Cyberbullismo a Napoli: dati di una ricerca”, è nella pratica clinica “un fattore ambientale e sociale, intenso e asimmetrico nella possibile patogenesi di un disturbo psichico che contribuisce, insieme ai fattori stressanti e al peso che viene dato a essi, ad aggravare situazioni di ansia, depressioni o patologie più gravi: il bullo pertanto agisce indisturbato facendo delle prepotenze, e la vittima subisce senza possibilità di potersi difendere. Gli studi partiti circa 2 anni fa, effettuati nel campo della Psicosi, hanno messo in luce la prevalenza del fenomeno e delle caratteristiche associate: le 12 scuole della metropoli campana prese in considerazione (6 della città e 6 della provincia, con una totalità di 3.000 bambini campione – ndr) hanno mostrato una rilevazione epidemiologica attuale di quanto il fenomeno stesso possa essere diffuso, con risultati finali che ricalcano quelli delle ricerche internazionali e che inglobano sia le vittime (15-30% di soggetti nella scuola coinvolti – ndr) che i bulli (5-10% di soggetti maschi nella scuola coinvolti – ndr); i luoghi dove gli abusi spesso accadono (La classe principalmente – ndr) e la potenziale denuncia dei ragazzi alle insegnanti.”.

Ultimo, ma non meno importante, è stato l’intervento di Giuseppe Burgio, ricercatore di Pedagogia Generale e Sociale presso l’Università di Enna “Kore”, il quale ha messo in evidenza, attraverso la sua ricerca “Fragili guerrieri. Maschilità, bullismo, omofobia”, quanto fallimentari siano i programmi di educazione all’intervento e come l’omofobia, insieme all’anormalità sociale, siano le colonne portanti di questi disturbi: “Le ricerche effettuate si sono soffermate più sul piano delle cause, attraverso una serie di indagini locali e nazionali che hanno portato a evincere la mascolinità del fenomeno, il come gli insulti riguardino maggiormente un’anormalità psicofisica o una discriminazione razziale, e il perché dell’omofobia come bisogno reputazionale, ossia della fondamentale necessità da parte del bullo di avere un pubblico che lo osservi e di agire solo contro gruppi sociali stigmatizzati o outgroup. La cosiddetta “Cura Educativa” da seguire è pertanto quella che sposta i ragazzi dal dovere di crescere seguendo un modello complementare (Il doversi necessariamente comportarsi da maschio – ndr) e li confronta con un proprio modello: gli adolescenti possono e devono imparare a crescere come adulti liberati da una gabbia che li opprime e mostrare le fragilità che fanno parte della normale indole umana”.

La discussione è terminata con la chiosa di due testimonianze dirette che hanno affrontato il problema in prima persona: la Presidente Nazionale A.Ge, Rosaria D’Anna, la quale ha espresso consenso e approvazione verso un “fenomeno che ha per troppo tempo distrutto le ambizioni sociali e civili dei più deboli”; e la Dirigente Scolastica dell’Istituto Comprensivo “28 Giovanni XXIII – Aliota”, Silvana Casertano, che allo stesso modo ha presentato una serie di diapositive in cui venivano mostrati i progressi portati avanti dagli alunni della sua scuola e “l’importanza nel saper gestire un’educazione volta al rispetto per il prossimo e pregna del senso di vicinanza per le vittime bullizzate”.

By Michele Calamaio

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