Turismo. Report dall’incontro “Napolilandia: turismo e diritto all’abitare”

NAPOLI – Giovedì 23 novembre alle ore 17:00, presso la Sala Nugnes della sede del Consiglio Comunale di Napoli, si è svolto l’incontro “Napolilandia: turismo e diritto all’abitare”, organizzato dal movimento “Magnammece o Pesone”, per riflettere insieme ai cittadini sull’impatto dei flussi turistici sul territorio napoletano.

L’incontro è stato moderato da Alfonso de Vito, “Magnammece o Pesone”, alla presenza di un pubblico gremito composto da cittadini, attivisti, consiglieri e assessori, con l’obiettivo di mostrare gli effetti del flusso turistico e del capitalismo di piattaforma sul mercato immobiliare, attraverso la ricerca svolta dall’architetto Alessandra Esposito sul BnB, sul fenomeno dell’affittacamere e delle case-vacanza, con particolare attenzione alla “Airbnb”, e mediante lo studio “il commercio lungo i decumani”della ricercatrice Anna Fava: un focus sulla trasformazione delle botteghe e dell’artigianato nel centro storico di Napoli.

Il punto di partenza ha riguardato un flusso turistico incontrollato e mal gestito, secondo i presenti, che sta generando diversi effetti come già avvenuto in altre grandi città europee quali Londra, Lisbona, Barcellona o Parigi: appartamenti che vengono pensati e destinati ai turisti e non ai cittadini, il relativo aumento dei fitti ordinari con il conseguente svuotamento progressivo dal centro degli abitanti economicamente più deboli, l’inevitabile gentrificazione.

Secondo Alfonso de Vito “occorrono interventi politici e delibere che regolino i flussi, poiché nessuno si pone contro il turismo, ma si avverte la necessità di politiche centrate sul diritto all’abitare e che tengano conto del welfare abitativo”. Per De vito è opportuno evitare di ripetere gli errori fatti da altre città, in una Napoli che oltretutto “ha enormi disuguaglianze in termine di distribuzione della ricchezza”. Non si parla inoltre di “sharing economy”, ma di “on demand economy” ha affermato, riferendosi alla locazione di interi appartamenti spariti dal mercato immobiliare e i cui affittuari destinano ad “affitti brevi e case vacanza”. Da sottolineare inoltre, per De Vito, il problema dello sfratto, non solo di appartamenti ma di interi palazzi, con il volto della città che sta rapidamente trasformandosi, come nel caso dei Quartieri Spagnoli.

Da non trascurare inoltre le transazioni in nero e l’elusione fiscale di tutte quelle attività che agiscono al di fuori dalla regole, rendendo impossibile una fotografia reale della situazione e che nascondono la propria natura commerciale esternalizzando i servizi e ‘mangiando’ allo stesso tempo il mercato alberghiero a due e tre stelle.

Dati e numeri, quelli mostrati invece dall’architetto, che riguardano soprattutto l’area Unesco e che vanno a sostegno di un tema che inizia a preoccupare, ma di cui si parla ancora poco: nel 2014/15 è avvenuta l’esplosione del fenomeno in Italia “Airbnb”, con un incremento dell’offerta “casa-vacanza” pari circa al 550%. Secondo le stime, a Napoli nell’ultimo triennio le offerte presenti sulla piattaforma riguardano circa 4600 host, di cui approssimativamente 3000 sono “case-vacanza”. Insomma la città partenopea sta subendo il medesimo processo già visto in altre grandi città dell’Europa, e per l’architetto Esposito è necessario che chi di dovere, considerando anche il vuoto normativo di un Paese che è il terzo mercato “Airbnb”, ragioni, pianifichi e agisca regolamentando il flusso, trovando degli accordi con la piattaforma, svuotando le zone rosse e imponendo dei limiti al numero degli affitti in favore di altre zone attualmente meno ricercate.

“C’è un equivoco sul boom turistico napoletano, il record non riguarda il turismo, ma il settore turistico”, ha affermato l’architetto Esposito, continuando: “di Napoli si parla in termini di decoro, competitività, destinazione, si ragiona in modo imprenditoriale su come incrementare il brand Napoli”, anche a proposito del Piano Strategico del Turismo “Destinazione Napoli”, che mira a portare in città, entro il 2020, due milioni di turisti e che appunto scommette sulla competitività, ma non sembra indicare misure tese a contenere e gestire il fenomeno. E’ “Imprenditorialismo urbano”, questa la definizione dell’architetto: “una città che, uscita dalla crisi, si comporta da imprenditore”.

Lo sguardo su come la città stia effettivamente cambiando, focalizzandosi sulle attività commerciali, lo ha portato invece la ricercatrice Anna Fava, mappando e analizzando i tre decumani e le zone immediatamente adiacenti al centro storico cittadino: l’analisi dimostra che il commerciante ha come interlocutore non il cittadino, ma il turista, non chi vive quindi la città, ma chi la consuma. Salumerie che si trasformano in trattorie, edicole che vendono souvenir, un aumento importante dei prezzi dei generi alimentari tradizionali, persino “la trasformazione dei bassi, simbolo delle abitazioni povere partenopee, in bnb caratteristici”.

Lo studio, analizzando gli esercizi commerciali strada per strada, rivela un’altissima percentuale di locali che offrono servizi nella ristorazione, raggiungendo il 54% in via S.Chiara, o il 40% in via B. Croce, per citarne alcuni. È necessario, secondo Anna Fava, che il Comune cominci a limitare il rilascio delle licenze nell’ambito della ristorazione.

Da registrare anche gli interventi, tra gli altri, di Alessandro Fucito, Presidente del Consiglio comunale di Napoli; Eleonora de Majo, Consigliera comunale; e dell’Assessore comunale al Bilancio Enrico Panini, che si è detto disponibile ad aprire un tavolo di confronto.

Dario Quattromani

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