Solidarietà. Per i bisognosi, a Natale un pranzo e niente più

NAPOLI – In occasione della vigilia di Natale, il 24 dicembre alle ore 13:00 a Napoli, all’interno della Galleria Principe nei pressi del Museo Nazionale, si è tenuta la XXI edizione del pranzo di beneficienza; anche quest’anno, grazie all’Associazione Amici della Galleria, è stato possibile fornire a tantissime persone in gravi difficoltà economiche, cibo e accoglienza.

In una Galleria addobbata con festoni e un grande albero di Natale, ricca di musica e colori, si sono esibiti il Coro degli Arabbas e l’associazione Culturale Social Music & Fun; mentre in tanti, seduti ai tavoli imbanditi, hanno avuto la possibilità di consumare diverse portate di un menù tipicamente natalizio.

L’iniziativa è stata realizzata grazie all’aiuto economico fornito da Acqua Campania spa, necessario per l’organizzazione della parte operativa e del catering. Ma in tanti hanno contribuito alla realizzazione dell’iniziativa, a partire dai numerosi volontari e gli scout di Portici del C.N.G.E.I., fino agli imprenditori del Gambrinus e Gino Sorbillo, per citarne solo alcuni. Al termine del pranzo infatti sono stati distribuiti ai bisognosi circa mille pacchi contenenti alimenti e beni di prima necessità, raccolti e donati da imprese come il gruppo Alcott-Gutterdige, Ansaldo Trasporti, Lete, e molte altre che hanno signorilmente preferito l’anonimato. Per opportuna vetrina, erano invece presenti il Sindaco Luigi de Magistris; l’Assessore Alessandra Clemente; il Consigliere regionale Francesco Emilio Borrelli; il Presidente della II Municipalità Francesco Chirico.

All’ingresso della Galleria, mentre i tanti senza tetto attendevano in fila di poter entrare, i volontari dell’Associazione Napolinsieme, da tempo attivi nella distribuzione di pasti e vestiario ai bisognosi, hanno manifestato con un megafono e la distribuzione di volantini informativi, il proprio disappunto per un aiuto ai poveri che, sebbene prezioso, è di scarsa entità. Al riguardo abbiamo raccolto la testimonianza del presidente dell’associazione, Salvatore D’amico.

Perché Napolinsieme è qui?

«Noi siamo qui perché a nostro modo di vedere queste persone hanno bisogno non solo di un pranzo, ma di un tetto, e lo sanno tutti. In una città dove esistono circa 60mila immobili comunali, circa 200 chiese abbandonate, a noi sembra strano che 2mila persone debbano vivere in strada, sui cartoni come bestie, esposte all’intemperie.»

Cosa fa la vostra associazione?

«Noi siamo un’associazione innanzitutto apartitica, aconfessionale e autofinanziata. E andiamo avanti con i nostri piccoli contribuiti. Abbiamo una piccola sede in Via Ninni 17 e un gruppo su Facebook, pubblico e aperto, dove spieghiamo giorno per giorno le nostre attività. Da noi arriva vestiario, vettovaglie, alimenti come pasta, olio, riso e legumi che noi utilizziamo per realizzare pacchi famiglia destinati ai bisognosi.»

Il vostro impegno quotidiano?

«Da due anni siamo operativi e usciamo in strada due volte a settimana; distribuiamo 150-200 pasti per ogni uscita: il martedì e il giovedì. Da due mesi a questa parte abbiamo realizzato una mensa solidale allo “Scugnizzo liberato”, per avviare un processo di creazione di una comunità e favorire l’integrazione dei meno fortunati. Queste persone hanno bisogno di calore umano, di solidarietà viva e attiva, di uscir fuori dall’emarginazione in cui sono stati rilegati.»

Cosa potrebbe fare il Comune di Napoli al riguardo?

«Qualcosa di semplice innanzitutto, non necessariamente l’apertura dell’albergo dei poveri di cui si parla invano da anni e anni; l’Amministrazione potrebbe affidare, ad esempio, alcune unità immobiliari ad associazioni senza scopo di lucro, come la nostra. Noi non vogliamo soldi né le partecipazioni ai progetti, non siamo nel terzo settore, ci interessa solo aiutare.»

Napolinsieme è in contatto con le altre associazioni e strutture che operano sul territorio?

«Si, io conosco molto associazioni cattoliche che però si muovono in un’ottica puramente assistenzialista. Noi non vogliamo limitarci a portare il cibo, ma provare a trasformare questa realtà tanto vergognosa.»

Dario Quattromani

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