Napoli. Report dall’assemblea degli spazi liberati

NAPOLI – Si è svolta giovedì 23 marzo alle ore 18:00, presso “Santa Fede Liberata” in via San Giovanni Maggiore Pignatelli, l’assemblea pubblica “mappe delle libertà, beni comuni: azioni per l’uso collettivo”, organizzata da Massa Critica, per discutere insieme ai cittadini delle esperienze degli spazi liberati e fare il punto sul percorso dei beni comuni.

Un’assemblea che ha visto la partecipazione di comitati territoriali, associazioni, esperienze di autogestione, abitanti, mutualismo e che tramite gli interventi di diversi attivisti che agiscono sul territorio ha affrontato alcuni temi portanti. Innanzitutto il racconto degli spazi: “Villa Medusa”, “Lido Pola”, “Opg Je so’ Pazzo”, “Ex-Schipa”, “Scugnizzo Liberato”, “Giardino Liberato”, “Santa Fede Liberata”, “Casa delle donne Napoli”, “l’Asilo”, “Oasi Cerlone”, “CAP 80126”, undici spazi che negli ultimi anni sono stati sottratti al degrado e all’abbandono, e che una volta abitati e resi vivi sono tornati alla collettività.

I presenti hanno sottolineato che all’interno degli spazi si vive qualcosa di nuovo rispetto al passato, un’apertura al quartiere, con gli attivisti che si mescolano con gli abitanti, generando relazioni sociali assolutamente inedite. Un esempio fatto, per quanto riguarda lo “Scugnizzo Liberato”, è relativo al rapporto con le comunità di migranti: una volta confluiti insieme agli altri nello spazio, l’incontro non necessita di parole come “accoglienza” o “integrazione”, perché gli stranieri, vivendo giorno per giorno il quartiere a stretto contatto con i cittadini, di fatto non sono più tali.

Luoghi diversi che si focalizzano su molteplici attività sociali, artistiche, sportive e culturali, ma che sono centrati soprattutto sulla relazione e sul confronto politico. Mutuo soccorso, antirazzismo, antifascismo, antisessismo e democrazia diretta non sono solo parole, ma i fili che uniscono gli spazi e che vanno difesi per evitare la possibilità che possano svanire.

Negli spazi liberati si incontrano sperimentazioni di forme di autogoverno e di democrazia diretta, di autonomia, che secondo tutti gli intervenuti vanno estese ad altri luoghi cittadini, così da creare una mappa diffusa sul territorio ricca di spazi, in grado di offrire un’altra forma di gestione, non esclusiva, ma collettiva, e che al contempo rappresenti una forma di resistenza rispetto alle speculazioni e alla svendita del patrimonio immobiliare pubblico.

Il tema dei beni comuni non riguarda l’assegnazione, questo è quanto ribadito dall’assemblea, l’uso collettivo e non esclusivo degli spazi è un concetto fondamentale che gli intervenuti hanno condiviso con gli abitanti, così come hanno sottolineato il concetto del mutuo soccorso: gli attivisti infatti non possono né si sostituiscono allo Stato, al Welfare. Attraverso le attività, la cooperazione e il mutualismo, chi si prende cura dello spazio e della città ha il ‘potere’ di decidere.

Altri temi della discussione hanno riguardato il diritto all’abitare, come raccontato dall’attivista dello “SKIPA”, che si occupa dell’emergenza abitativa, dove spesso ci si imbatte in persone che nascondono le proprie difficoltà economiche e se ne vergognano: uno stato d’animo questo, generato “da una società che ci vorrebbe sempre più soli”. La risposta, anche in questo caso, è l’unione, il confronto, “le relazioni che sono il bene comune”.

L’attivista dell’assemblea Capodimonte, Colli Aminei e Frullone ha evidenziato invece i problemi inerenti al Bosco di Capodimonte, unica vera area verde del centro, che subisce “una sempre maggior gestione turistica e privatistica”, con aree recintate dello spazio verde e una progressiva chiusura. L’esigenza è di non avere vetrine, ma uno spazio comune all’interno del bosco, dove magari inserire un asilo, un orto urbano e renderlo vivo.

Da sottolineare anche l’intervento dell’attivista di Casoria, dove è avvenuta la liberazione di un ex deposito militare che era stato adibito a discarica provvisoria, che ha spiegato l’importanza di mappare il territorio per capire la quantità e la posizione degli immobili abbandonati, e proprio perché entusiasta dell’esperienza napoletana ha sottolineato l’importanza di allargare lo sguardo alla città metropolitana, dove le difficoltà sono anche maggiori.

Intervenuto anche un’attivista dell’assemblea Montevergini di Palermo, dove in seguito a discussioni si è liberato un ex monastero, e si è avviato come negli altri casi un modello di gestione collettivo e orizzontale.

L’Amministrazione di Napoli ha riconosciuto il valore delle iniziative e intende garantirle riconoscendo “l’Uso Civico e Collettivo Urbano”, una tutela delle comunità e dell’autogoverno sul piano amministrativo che assicura un uso non esclusivo dei beni.

A tal riguardo, il Comune di Napoli ha approvato diverse delibere aperte a chi voglia attivarsi nella cura del patrimonio pubblico con queste nuova modalità di gestione partecipata, senza alcuna delega.

L’assemblea, attraverso le varie voci, ha concordato e più volte ribadito, anche al termine della discussione, l’esigenza di fare ancor più rete e aumentare l’aggregazione e la partecipazione, e ha lanciato la data del 25 aprile come possibile nuovo momento di incontro.

Dario Quattromani

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