Napoli. Report dal Festival del Cinema dei Diritti Umani

NAPOLI –  Lunedì 6 novembre alle ore 17:00, la sede della cooperativa “‘E Pappeci” in via Mezzocannone 103 ha ospitato uno degli incontri della IX edizione del Festival del Cinema dei Diritti Umani, con un dibattito anticipato dalla proiezione del film documentario “Terrapromessa”, materiale a sostegno della campagna per una sistemazione dignitosa dei Rom a Napoli.

Il Festival del Cinema dei Diritti Umani nasce alcuni anni fa grazie all’associazione senza scopo di lucro “Cinema e Diritti”, costituita nel 2005 con l’obiettivo di diffondere la cultura dei diritti universali nel Sud Italia e nei Sud del mondo.

Seguendo l’esempio del “cine de Derechos Humanos” dell’America Latina, che grazie al Presidente Julio Santucho organizza il festival dalla fine degli anni ‘90, l’associazione contribuisce a creare dibattiti, incontri, riflessioni su temi importanti per la collettività come l’ambiente, il sistema carcerario, la condizione delle donne, il diritto all’istruzione.

Il Festival riunisce le associazioni che giorno per giorno lottano e si impegnano sul territorio e fornisce a quest’ultime gli strumenti per parlarsi e comunicare il proprio operato ai cittadini, attraverso le immagini.

Quest’anno la IX edizione, presentata venerdì 3 novembre alle ore 11:30 nella Sala Giunta di Palazzo San Giacomo, si svolge da lunedì 6 fino a sabato 11 novembre e propone, tra gli altri temi: la salute mentale, le migrazioni, la tortura, la riconciliazione post bellica nei Balcani e in Irlanda.

Dopo i saluti iniziali e le presentazioni, Mario Leombruno, giornalista, documentarista e regista del film con Luca Romano, ha introdotto con la giornalista Tonia Limatola il documentario girato nel 2013, spiegando che è stato girato nel campo Rom di Masseria del Pozzo a Giugliano, a un passo dalla discarica.
Le immagini, accompagnate da interviste a personalità di spicco come Alex Zanotelli e a giornalisti ed esponenti del Comune di Giugliano, mostrano l’impossibilità di un vita normale da parte dei Rom, tra malattie dovute alle scarse condizioni igieniche e soprattutto alla vicinanza della discarica, con la fuoriuscita di gas tossici e i suoli contaminati da rifiuti speciali. Il documentario racconta anche la voglia dei bambini di andare a scuola, la vergogna provata da una madre per l’igiene dei figli, la volontà di lavorare e integrarsi di un popolo. Il film svela le condizioni di vita assurde di circa 500 persone, tra cui 200 bambini, e smaschera alcuni dei luoghi comuni più diffusi.

Al termine della proiezione gli intervenuti hanno dato vita a un dibattito ricco di temi, e hanno spiegato che sebbene il campo sia stato poi sgomberato successivamente, le condizioni dei Rom non sono affatto migliorate con il loro trasferimento, e i progetti di scolarizzazione che stavano nascendo sono tramontati.

La giornalista Tonia Limatola ha affermato che i Rom in questione ormai sono di quarta generazione, quindi a tutti gli effetti si può parlare di napoletani, il che rende sterili le polemiche a proposito del loro folklore.

Sulla stessa linea Valentina Ripa (Festival del Cinema dei Diritti Umani, Università di Salerno), che ha affermato che “conservare le loro radici è un fatto importante e necessario, ma ciò non significa che loro vivano bene in strada, ballando e saltando a ritmo di musica. E’ sbagliato prendere le distanze e girarsi dall’altra parte, perché chi prende denaro per incendiare la spazzatura, a scapito della salute di tutti e della propria, è chi vive in miseria ed è senza soldi.”.

I luoghi comuni fanno il gioco della camorra e dello smaltimento illecito dei rifiuti nel cuore della Terra dei fuochi, e la situazione non migliora anche perché “è vero che loro sono irresponsabili, ma chi dovrebbe non va a raccogliere ogni giorno i rifiuti.”, ha sottolineato quindi Mario Leombruno, “E lasciarli in quello stato rinforza la manovalanza criminale”.

I presenti, interessati al tema, hanno chiesto del perché i Rom non possano vivere nelle abitazioni e debbano stare necessariamente in un campo. Gli intervenuti hanno spiegato che i proprietari tendono a non affittare le case ai Rom senza le dovute garanzie comunali, garanzie che non arrivano per una questione economica deficitaria da parte del Comune e perché questa “sarebbe una decisione politica impopolare”.

Sebbene sia quest’ultimo il desiderio, cioè un’integrazione totale come accade per tantissimi Rom in Italia, la speranza dei presenti risiede nell’eco-villaggio, un insediamento che occuperebbe circa 12.000mq, con tutti i servizi essenziali su un terreno di 29.811mq che rientra tra le aree di proprietà del Comune di Giugliano. Al riguardo, è importante segnalare che la questione è ancora aperta, con la petizione firmata da 5.000 cittadini per chiedere il referendum.

Dario Quattromani

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