Ingiustizia Italia. 15 anni senza Carlo Giuliani, senza verità

GENOVA – Durante il summit del G8, il 20 luglio del 2001, associazioni e movimenti “no global” manifestavano pacificamente il loro dissenso. Ma in altre zone della città di Genova scoppiarono incidenti tra manifestanti e forze dell’ordine. Durante gli scontri, Carlo Giuliani, di soli 23 anni, veniva ucciso da un colpo di pistola sparato dal carabiniere Mario Placanica, nel tentativo di fermare un attacco al veicolo su cui viaggiava con due colleghi, rimasto isolato a Piazza Alimonda.

Il carabiniere Placanica fu prosciolto per legittima difesa. Ma la famiglia di Carlo Giuliani si appellò alla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo, accusando l’Italia di aver condotto le indagini per la morte del ragazzo in modo menzognero e sommario, depistando le indagini; e per la cattiva gestione e pianificazione delle operazioni di ordine pubblico, ritenute causa della morte del congiunto; oltre che per la frettolosa cremazione del corpo del giovane, con sole tre ore di preavviso concesse alla famiglia, impedendo loro di affidare l’autopsia a un consulente di parte.

In occasione del 15esimo anniversario dalla morte di Carlo Giuliani, una del pagine più nere della giustizia italiana, abbiamo rivolto alcune domande al padre: Giuliano Giuliani.

Sono trascorsi 15 anni dalla morte di Carlo. Un suo ricordo?

«Noi diciamo sempre che chi era avrebbe potuto e dovuto dirlo lui, noi possiamo ricordare Carlo da morto o meglio, da ucciso, perché a volte o spesso si tralascia questo particolare e si dice che è morto un ragazzo. No, Carlo è stato ucciso, che è una cosa un po’ diversa allora, il come e il perché è stato ucciso è una questione sulla quale possiamo e abbiamo il diritto di parlare»

Collettivi e associazioni in questi giorni ricordano Carlo con varie iniziative. Cosa ne pensa?

«In generale ricordare questo episodio è sempre molto importante, come facciamo noi e come fanno tanti altri: ricordarlo puntualizzando quali sono gli elementi di verità, rispetto a tutte le menzogne che sono state raccontate su quegli avvenimenti, in modo molto sereno, perché la verità è forza del ricordo»

Quali menzogne sono state raccontate?

«La più clamorosa è quella che inventano quattro farabutti, i cosiddetti consulenti del pubblico ministero, fra l’altro fu chiamato anche un esperto d’immagine. Questi inventano uno sparo per aria e il proiettile avrebbe colpito un calcinaccio in volo sul cielo di Genova e l’impatto avrebbe deviato verso il basso il proiettile fino a colpire Carlo. E’ una porcheria al di sopra di ogni immaginazione. Nel filmato si vede la pistola parallela al suolo, i colpi sono diretti e l’ha detto anche il perito, naturalmente questo furbesco e schifoso imbroglio di quattro indegne persone è stato un elemento aggiunto per i pubblici ministeri dei GIP per archiviare, perché hanno detto ”non voleva uccidere è stata una tragica fatalità”. Ancora, quando Carlo è steso moribondo in Piazza Alimonda, e intorno a lui ci sono soltanto carabinieri del reparto responsabile della sua uccisione e anche poliziotti di un altro reparto arrivati nel frattempo, un carabiniere spacca la fronte di Carlo con una pietrata, per dare la possibilità al vice questore Adriano Lauro di lanciarsi all’inseguimento di un manifestante, gridando: “L’hai ucciso tu col tuo sasso”. Questa è una cosa che per certi aspetti fa ancora più schifo del motivo per cui è stato ucciso. Adriano Lauro oggi è vice questore capo di un commissariato a Roma ed è un esperto di sassi perché un po’ prima dei colpi di pistola che uccidono Carlo c’è lui che tira i sassi ai manifestanti, un altro esempio vergognoso di cosa può fare un dirigente della polizia»

Gli esiti dell’appello alla Corte di Strasburgo?

«Una prima sentenza della Piccola Corte è stata positiva, poi lo Stato Italiano ha fatto ricorso alla Grand Chamber, e la Grand Chamber ci ha dato torto e ha respinto il ricorso, tenuto conto che quello che ha votato con più entusiasmo è stato il rappresentante italiano Vladimiro Zegrebelsky»

Cronaca di oggi vede ancora protagonisti forze dell’ordine in episodi di morte di persone arrestate, condannati poi con pene lievi. Cosa ne pensa?

«Le pene sono sempre piccole e misurate, ricordo che gli assassini farabutti di Federico Aldovrandi hanno avuto tre anni e mezzo a testa, anche con l’applauso indecoroso dei colleghi. In quattro hanno avuto 14 anni complessivi. Uno degli imputati degli scontri di Genova, un manifestante, era stato condannato a 16 anni di carcere per danni alle cose, questo per dire che anche la giustizia avrebbe bisogno di qualche correttivo psichiatrico. La cosa importante é che i poliziotti a volte vanno processati e anche condannati per comportamenti che nulla hanno a che vedere con l’ordine pubblico. Il dramma di questo paese è che i carabinieri sono impunibili qualunque cosa facciano e questo è il problema che riguarda la democrazia del paese»

Cosa è cambiato dal quel G8 di Genova? C’è ancora bisogno di manifestare?

«Sicuramente il mondo è peggiorato, la cosa che continuiamo a dire noi e non solo noi e che quel movimento aveva tutte le ragioni possibili e immaginabili. Aveva segnalato quali erano i problemi, aveva detto che senza le soluzioni a quei problemi di allora la cosa sarebbe peggiorata nel nostro paese e nel mondo, e così è stato. C’è un abisso tra ricchezza e povertà. I giovani e non solo hanno diritto di manifestare quando ci sono ingiustizie plateali, in Italia ci sono sei milioni di persone che vivono sotto la soglia di povertà, i giovani cosa devono fare? Devono continuare a dire quanto è bravo Renzi e in che bel paese viviamo? O possono cominciare a pretendere che qualche cosa di serio venga fatto perché per i diritti essenziali alla vita»

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