Diritto alla casa. Per illeciti del Comune di Roma, famiglie a rischio sfratto. Storia della piccola Maria Noemi

ROMA – Nei giorni scorsi ha raggiunto anche la famiglia Mariani la lettera di sfratto che è stata indirizzata a circa 280 famiglie del quartiere San Saba di Roma. Ma le necessità della famiglia suddetta, che ha tra i suoi membri Maria Noemi, una bambina con gravi problemi di salute, sono più imperative di quelle di altre famiglie.

Il quartiere San Saba, la cui edilizia risale agli inizi del ‘900, come ci spiega Carla Spaziani, una rappresentante di Rete Comune Inquilini Ater San Saba, da 50 anni residente nel quartiere, rientra in un piano ERP, Edilizia Residenziale Pubblica, dunque un piano di concessione in seguito alla partecipazione ai bandi di assegnazione degli alloggi popolari. Ma poi accade che, in seguito alle indagini e alla condanna di 2 allora funzionari del Comune di Roma per illeciti riguardo l’assegnazione di queste abitazioni, sono state oggi dichiarate illegittime quelle concessioni. Nel 2006 questi signori avevano infatti assegnato, a seguito di sua regolamentare partecipazione al bando, anche un alloggio alla famiglia di Manuel Mariani, la cui condizione familiare aggravava l’urgenza di una abitazione. Maria Noemi, figlia di Manuel, è infatti una bambina con gravi problematiche di salute, allettata e bisognosa di assistenza 24 ore su 24, con nutrimento artificiale. Per lei si sono mobilitati numerosi cittadini del quartiere con una raccolta firme organizzata dalla stessa Rete Comune Inquilini Ater San Saba, e con petizioni online che hanno raggiunto quasi 180.000 firme.

Al riguardo abbiamo contattato il papà di Maria Noemi, il signor Manuel Mariani, per pubblicare la sua testimonianza circa l’accaduto e come la sua famiglia sta vivendo questi momenti.

Quali sono le condizioni di Maria Noemi?

«Mia figlia era una bambina sana fino al momento del parto. Purtroppo a causa di un errore medico e un errore sanitario è stata resa invalida al 100% e ha riportato conseguenze molto gravi. Epilessia continua, nutrita artificialmente, ha subito anche una tracheostomia ed è monitorata 24 ore su 24. Ha bisogno di assistenza infermieristica. Purtroppo sono 11 anni che lottiamo anche per i suoi diritti, per molte cose».

Partecipò regolarmente al bando di assegnazione dell’alloggio?

«Nel 2004, prima che nascesse mia figlia, ho fatto la domanda per la casa ATER. Mi assegnarono 8 punti. Poi quando è nata mia figlia è diventato un caso urgente: mi seguono da allora i servizi sociali, le ASL. C’era un’urgenza di alloggio, perché io ero in ospedale da un anno e mezzo per mia figlia. Non avendo abitazione stavamo con mia suocera in 7 persone, in sovraffollamento, quindi necessitavo di un alloggio con urgenza. C’è una legge che determina i casi di urgenza abitativa, l’urgenza per immediata assegnazione, per cui mi hanno dato casa con tutti i diritti. Sono 11 anni che abito qui, pago regolarmente gli affitti, ho sempre rispettato tutto. Dopo 11 anni mi arriva una lettera. Vado a leggere gli atti ed è accaduto praticamente che 2 allora dirigenti del comune dell’amministrazione capitolina sono stati giudicati penalmente per quell’assegnazione, facendo perdere la legittimità di questa assegnazioni a quasi 300 famiglie romane. Quindi mi ritrovo oggi come se fossi un abusivo, che ho commesso reato, senza avere più diritto a questa casa. Sono ricorso al TAR. Poi mi ha risposto l’Amministrazione capitolina solo con l’Assessore Andrea Mazzillo, una persona molto disponibile. Ma ho paura! Ho paura perché mia figlia è legata a quella casa, spostarla comporterebbe un disagio anche mentale, stress per mia figlia. Diventerebbe tutto complicato. Ricominciare da capo mi dà veramente molta tristezza. Sono 11 anni che è pesante per me e mia moglie vedere mia figlia in un letto e mettere in gioco di nuovo tutto è difficile: le case costano un’enormità e non ci sono agevolazioni».

Chi tutela sua figlia?

«Ci sono leggi che tutelano, però non ho capito perché oggi vengono messe in discussione queste leggi. Non so a chi mi devo appellare: a livello legislativo, umanitario. Io non capisco come si possa tornare indietro, dopo 11 anni, con un contratto regolare, e chiedere la nullità. È come se io comprassi un appartamento, andassi dal notaio che mi firma tutto e dopo mi dicono che era tutto nullo perché quello che me l’ha venduta era un ladro: ma io che c’entro? Io che c’entro con la persona che hanno imputato? Noi siamo estranei ai fatti».

Le Istituzioni?

«Io mi aspettavo che il Sindaco ci ricevesse. Anche lei è mamma e quindi sa che vuol dire. Mi sarei aspettato un gesto di umanità, un po’ di conforto. E invece non l’abbiamo proprio vista. Mi dispiace perché è il primo cittadino di questa città e avrebbe potuto darci sostegno».

Come si sta muovendo?

«Abbiamo raccolto 170.000 firme online. Poi stiamo raccogliendo molte persone dei quartieri Testaccio e San Saba e diverse associazioni. C’è veramente una catena di persone che ci sono vicine: abbiamo fatto una sorta di comitato spontaneo con altre famiglie, 5 famiglie che hanno situazioni quasi simile alla mia, con persone disabili, alcune anziane. Sarebbe complicato anche fare ricorso al TAR, perché è costoso: quindi in alternativa stiamo cercando di unirci».

Cosa si aspetta per il futuro?

«Io sono molto rammaricato, perché purtroppo soluzioni non ne vedo. Vedendo l’andamento di questa nazione. Però io credo che le preghiere possano essere forti, che arrivino, ma parlo anche a livello umano, a livello istituzionale. Spero che qualcuno se ne renda conto: vedo che anche molti politici, molte persone hanno capito la situazione e si stanno unendo a noi. Capita la situazione, spero che al più presto arrivi la domanda di archiviazione per poter vivere questo Natale serenamente. Ovviamente non attacco nessuno, perché è chiaro che ognuno deve fare il suo lavoro. Chiedo solo qualche speranza per chi ha già sofferto: per mia figlia che soffre costantemente in un letto, per la mia famiglia che soffre ogni giorno».

Camilla Esposito

Leave a comment