Attivismo. Ad Avellino la rete di solidarietà SOMA

AVELLINO – Presentata alla città di Avellino, venerdì 6 aprile, la rete “SOMA – SOlidarietà e Mutualismo Avellino” nata dall’iniziativa di associazioni e singoli cittadini uniti dalla volontà di creare una rete di mutualismo tra le fasce della popolazione che hanno subito gli effetti della crisi economica. Il nome del progetto nasce da un riferimento al mondo agricolo, all’animale da soma, asino o mulo che sia, che per secoli è stato compagno imprescindibile della vita contadina nel farsi carico dei frutti della terra. Questo ‘farsi carico’ diventa metafora d’impegno civile, un promessa d’attenzione su temi centrali per il territorio: non solo solidarietà e mutualismo, ma comunità, tradizione, ambiente, lotta alla xenofobia e alla lotta tra poveri.

Il primo evento in calendario è per mercoledì 25 Aprile, Giorno della Liberazione, con “Fuori tutti! Festa di comunità” al centro sociale di SanTommaso, dove sarà presente la Rete SOMA con musica, area pic-nic, laboratori ricreativi e artistici per bambini, una zona dedicata agli animali domestici. Al riguardo ne abbiamo discusso con l’attivista Stefano Kenji Iannillo.

Come nasce SOMA?
«SOMA nasce all’inizio del 2018 all’interno della “Rete antifascista Avellinese” come tentativo di superare una certa idea di antifascismo, basata unicamente sulla contrapposizione ideologica e la memoria storica, che per quanto necessari non riuscivano ad avere un grande seguito all’interno della cittadinanza avellinese. Affrontando il tema della riproposizione di movimenti xenofobi e razzisti che soffiano sul fuoco della guerra tra poveri, abbiamo notato come il principale problema all’interno della nostra società, su cui la politica non riesce a intervenire, è quello della povertà, dell’esclusione e della solitudine di larghe fasce della popolazione. Da questa riflessione nasce “Soma – solidarietà e mutualismo ad Avellino”, un percorso aperto e in divenire che si fonda su due cardini: la partecipazione aperta a chiunque voglia dare una mano nell’ottica di costruire protagonismo e cittadinanza attiva; e la costruzione di iniziative e servizi che si ispirino alla solidarietà e al mutualismo.»
Quali realtà politiche unisce?
«Fin dall’inizio abbiamo riscontrato l’interesse di attivisti e attiviste delle più svariate associazioni cittadine, a cominciare dalla Cgil fino all’Arci e alla Don Tonino Bello, ma anche di tante persone che non avevano uno spazio in questa città in cui potersi dedicare alla vita pubblica e sociale, impegnandosi per il suo miglioramento concreto. Stiamo costruendo un percorso aperto, pieno di domande, che però ha la consapevolezza della propria strada, del dover continuare a camminare e a domandare, di cercare e spingere quante più persone possibili a dedicare una parte del proprio tempo alla cura della propria città, alla solidarietà, alla costruzione di comunità come forma di resistenza all’individualismo e alla lotta tra poveri.»

Le problematiche da affrontare?

«Le prime problematiche su cui ci impegneremo sono quelle relative alla ricostruzione di un tessuto sociale, di un sentimento comunitario, all’interno dei quartieri periferici di Avellino. Organizzeremo feste di quartiere e di comunità, proveremo a portare eventi culturali e musicali in quelle zone spesso dimenticate, dove si sente in maniera più forte la tragicità della crisi che dal 2007 ha ridotto in povertà migliaia di famiglie. Abbiamo deciso di inserirci in questa contraddizione e nel nostro piccolo provare a fare qualcosa, ad organizzarci. Sappiamo bene che è un compito difficilissimo, che trovermo molti ostacoli sulla nostra strada, per questo la nostra vera consapevolezza è quella di non voler più essere soli e di aprirci invitando alla partecipazione chiunque voglia dare una mano. Solo insieme, provando a essere sempre di più, a differenziare le possibilità di impegno di ognuno di noi, potremmo davvero provare a essere il motore di cambiamento sociale e culturale della nostra città.»

La vostra idea di città?

«Abbiamo in cantiere la strutturazione di una serie di servizi e attività mutualistiche che, ponendo al centro il concetto di cooperazione in antitesi al dogma competitivo che regna sulle nostre vite,  intervengano sul tema della povertà educativa, del fabbisogno alimentare, della difficoltà a reperire farmaci o cure di base, del rispetto e cura degli animali domestici e di assistenza legale a quanti non possono permettersela a cominciare dai migranti. Sono tutti servizi che dovrebbero essere svolti da un sistema di welfare pubblico ormai inefficiente, su cui pensiamo sia necessario  mettere in campo rivendicazioni pubbliche per ottenere dei miglioramenti da parte dell’amministrazione locale, regionale e nazionale. Domande di servizi che sono alla base della dignità della persona e che troppo spesso vengono disattese a causa di insopportabili barriere economiche.»

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