Usa Freedom Act: per Edward Snowden “vittoria storica”

NEW YORK – Torna a farsi sentire la voce dell’ex tecnico della CIA Edward Snowden, l’informatore americano in esilio in Russia, l’uomo che ha reso possibile la svolta concretizzatasi pochi giorni fa negli Stati Uniti col Freedom Act firmato da Obama. Dopo le sue rivelazioni, riguardo la raccolta di metadati da parte della National Security Agency, il governo dei Democratici si è trovato costretto a fare i conti con quel Patriot Act che congiungeva pericolosamente l’operato di Obama a quello di Bush in materia di rispetto della privacy e controllo della popolazione.

L’Usa Freedom Act del 2 giugno deve il suo nome a un elaborato acronimo che sta per “Uniting and Strengthening America by Fulfilling Rights and Ending Eavesdropping, Dragnet-collection and Online Monitoring Act” e che molto incisivamente suggerisce un senso di liberazione dall’opprimente regime di sicurezza voluto dal governo dopo gli attentati dell’11 settembre 2001. Le modifiche apportate da questa nuova legge limita ai soli gestori telefonici la raccolta di metadati, spegnendo materialmente i server della NSA che potrà accedere a quelle informazioni sensibili solo se autorizzata da una Corte.

“E’ una vittoria storica per tutti i cittadini”, ha affermato Snowden al New York Times e ad altre testate europee, riconoscendo proprio al Vecchio Continente una maggiore premura legislativa sul tema delicato della privacy: “Mettere fine alla sorveglianza di massa delle telefonate prevista dal Patriot Act è solo l’ultimo esito di un cambiamento nella consapevolezza globale. Le Nazioni Unite hanno dichiarato la sorveglianza di massa una chiara violazione dei diritti umani.”.

La votazione di martedì, conclusasi con un 67 a 32 per la maggioranza a favore, è stata solo parzialmente una vittoria dei Democratici. Se la serata del 2 giugno Barack Obama twittava soddisfatto annunciando all’America il nuovo provvedimento, la battaglia contro la NSA negli ultimi tempi è stata condotta soprattutto da Rand Paul, il senatore repubblicano del Kentucky, che ha fatto della garanzia alla privacy un tema fondante della sua campagna elettorale, oltre a dare spettacolo in aula sfoggiando il suo mantra: “Non è un dannato affare del governo con chi parlo al telefono”, e accelerando l’approvazione del Freedom Act. Ma anche se Paul non è del tutto soddisfatto dei progressi fatti con la nuova legge, ora può vantare un’arma in più in vista del grande appuntamento presidenziale del prossimo anno, spostando sorprendentemente l’asse libertarian in America.

By Antonio Acconcio

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