Un consiglio a Dio? Il regista Sandro Dionisio: “Ho risposto con la bellezza estrema dei miei migranti”

NAPOLI – “Un consiglio a Dio”, la pellicola del 2013 del regista partenopeo Sandro Dionisio, torna in questi giorni in sala a Napoli, prossimamente al Cinema Vittoria, grazie anche alla proiezione dello stesso all’Ex OPG occupato in data 8 ottobre 2015. Il tema è attualissimo, sulla problematica umana dell’accoglienza dei migranti.

Protagonista del film è un ‘trovacadaveri’ che ha l’ingrato compito di recuperare i corpi dei migranti che si spiaggiano sulle coste del Sud Italia. Intento nel suo lavoro, intraprende un dialogo con il suo ultimo ritrovamento, raccontandogli paradossalmente la sua vita, che lo ha reso cinico e disincantato. Al regista Sandro Dionisio abbiamo rivolto le nostre domande.

Il film racchiude in sé diverse forme di rappresentazione: combina il teatro alla raccolta documentale, dunque alle testimonianze dirette dei migranti. E’ una necessità o una scelta artistica?

«Un Consiglio a Dio è un film cross-over, mescola cioè linguaggi e stili narrativi per esigenza drammaturgica e per adesione alla realtà migrante che il film intende raccontare. Nel senso che per raccontare la realtà, questa realtà, mi è sembrato naturale che si creassero delle contaminazioni, degli scambi di generi e tecniche»

Il film è stato presentato all’Ex OPG occupato e prossimamente sarà al Cinema Vittoria: nuova vita a distanza di due anni?

«Il film, concepito nel 2012, ha avuto una circuitazione alternativa nello scorso anno, ma gli eventi della cronaca più recente hanno reso più che mai attuale e dunque necessaria la visione di questo apologo lirico ed efferato. Mi giungono richieste sempre più incalzanti di visionare il film. Con estrema gioia mi rendo disponibile da regista e produttore dell’opera a dare nuova visibilità al mio “Un consiglio a Dio”»

Il cinismo che trapela dal personaggio del ‘trovacadaveri’ e il fatto che esso si mescoli con la fragilità e la drammaticità degli eventi, rappresenta l’atteggiamento degli italiani nei confronti dei rifugiati?

«Il trovacadaveri, magistralmente interpretato da Vinicio Marchioni, è un personaggio inventato dalla penna sulfurea di Davide Morganti, in cui subito ho intuito si raggrumavano le più striscianti e bieche teorie xenofobe purtroppo ancora presenti nella cultura occidentale. La reazione europea al dramma biblico dei migranti mi ha purtroppo dato ragione. Ho scelto volutamente una posizione ideologica così odiosa perché si potesse considerarne il paradosso storico e perché il racconto delle avventure dei miei testimoni migranti fosse più incisivo ed emozionante. Come sempre in arte il racconto di queste pulsioni diviene liberatorio così che il trovacadaveri, perso nella sua nebbia mentale, vero e proprio rifiuto di una società capitalista di cui pure si erge a eroe e difensore, si rivela infine molto più prossimo di quanto si possa immaginare al destino dei migranti. Migranti di cui prova schifo e inconscia paura. Ho raccontato due mondi apparentemente opposti e inconciliabili che trovano nell’esito finale una prossimità liberatoria. Gli italiani per cultura e indole sono da millenni portati all’accoglienza tipica delle società marinare. Che in questa indole si insinuino i riflessi odiosi di culture non tollerate è cosa che una comune ponderata riflessione, anche cinematografica, può scongiurare o quanto meno ridurre al minimo»

Il consiglio a Dio?

«Il titolo del film è a sua volta paradosso e arte. A partire da un consiglio a Dio atroce, folle e abietto che il trovacadaveri di Morganti rivolge al Supremo, ho dato risposta con la bellezza estrema dei miei migranti e col racconto della loro coraggiosa traversata esistenziale. Il finale del film racconta un consiglio a Dio corale e accorato, di cui lo spettatore potrà valutare forza e urgenza».

Camilla Esposito

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