Trecento cinesi schierati nell’esercito dell’IS

PECHINO – Circa trecento cinesi combattono al fianco dell’IS in Iraq e Siria. Questo è quanto riportato da un giornale di stato cinese, il Global Times, gestito ufficialmente dal Partito Comunista. Un dato che sembra preoccupare molto il governo asiatico in quanto il numero di combattenti in Medioriente rappresenta una minaccia per la sicurezza del Paese stesso e delle regioni autonome da cui provengono i militanti. Il governo cinese non ha mai nascosto la preoccupazione per la crescita dell’IS in Medioriente, ma allo stesso tempo non ha mostrato la propria intenzione di collaborare con le truppe statunitensi.

Membri cinesi dell’East Turkestan Islamic Movement (ETIM) arrivano in Siria tramite la Turchia per raggiungere le forze dello Stato Islamico. L’East Turkestan è conosciuto anche come la Regione Autonoma dello Xinjiang, dove vivono gli Uighur, una minoranza etnica turco-asiatica, islamizzata nel XVI secolo. Diverse fonti, agenti di sicurezza della regione Curdo-Irachena, della Siria e del Libano, affermano che sono centinaia i cinesi estremisti schierati in difesa dello Stato Islamico. Gli ufficiali cinesi danno la colpa all’ETIM per aver esportato la forza dei ribelli asiatici e averla diretta verso lo Stato Islamico, come rinforzo. Il governo cinese, invece, si mantiene vago sulle ipotesi che hanno portato i cinesi a schierarsi accanto ai guerriglieri in Medioriente. A luglio la potenza cinese aveva inviato in Medioriente Wu Sike, incaricato di analizzare la situazione e di riportare i dati al governo asiatico. L’inviato aveva registrato circa cento cittadini cinesi, molti di essi affiliati all’ETIM, impegnati nella guerra o in corso di addestramento.

Il governo cinese ha inoltre dichiarato che alcuni militanti dell’ETIM sono rintanati lungo il confine tra l’Afghanistan e il Pakistan, una striscia di territorio senza giurisdizione, e dove hanno intenzione di creare una propria cellula autonoma, sebbene molti esperti dubitino delle capacità coesive del gruppo.

By Margherita Sarno

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