Trattieni il respiro sott’acqua? Rischi di annegare se non sai come farlo

NEW YORK – Il Dipartimento di Salute e Igiene Mentale dello Stato di New York ha individuato, nella pratica dell’apnea subacquea, comportamenti comuni estremamente pericolosi, talvolta fatali.

In tutto il mondo si verificano OGNI ANNO 372.000 DECESSI PER ANNEGAMENTO: questo il dato trasmesso lo scorso novembre dall’Organizzazione Mondiale della Sanità che, in un rapporto globale dedicato esclusivamente agli annegamenti, aveva sottolineato la necessità di prevenzione. Una risposta arriva oggi dagli Stati Uniti, dove l’annegamento è la terza causa di mortalità derivante da evento non traumatico, con circa dieci decessi al giorno.

Il Dipartimento di Salute e Igiene Mentale dello Stato di New York ha individuato pratiche erronee comuni nella respirazione prima dell’immersione, che hanno portato a casi di annegamento fatali e non fatali. L’analisi è stata condotta su sedici casi, di cui quattro mortali, registrati dal 1988 al 2011. L’iperventilazione è stata una delle principali cause di annegamento indicate dagli studiosi, in quanto la realizzazione, prima di immergersi, di una serie di rapidi respiri, porta a una massiccia riduzione delle riserve di anidride carbonica, il composto che invia al cervello il segnale della necessità di respirare, ritardando così l’urgenza di tornare in superficie, mentre la quantità di ossigeno rischia di calare fino alla perdita di coscienza.

Il rischio di annegare è più elevato di quanto comunemente si creda. Tra gli episodi presi in esame dal team statunitense, ricordiamo un adolescente che gareggiava a trattenere il respiro sott’acqua quanto più a lungo possibile, ma anche nuotatori esperti che hanno perso coscienza dopo aver ripetuto vasche di allenamento prolungando eccessivamente la sospensione del respiro.
Anche in Italia i decessi per annegamento rappresentano una piaga. Infatti, benché il numero di morti risulti diminuito negli ultimi trenta anni di circa 900 unità, l’ultima analisi statistica (Maggio 2013 – nrd) presentata dall’Istituto superiore di sanità, contava ben 400 decessi all’anno, che si traduce in più di uno al giorno.

By Miriam Lanzetta

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