Tumore. Nove tipi su dieci curati con un vaccino anti malaria

COPENAGHEN – E’ stato recentemente scoperto da un team di ricercatori danesi e canadesi che un vaccino per la malaria, usato nelle donne incinte, potrebbe curare nove tipi di tumori su dieci.

L’equipe di ricercatori appartenenti all’Università di Copenaghen e all’University of British Columbia hanno accidentalmente fatto una scoperta che potrebbe rivoluzionare la medicina del XXI secolo: mentre erano alle prese con lo studio di un vaccino anti-malaria per le donne in stato di gravidanza, il prof. Ali Salanti della Facoltà di  Salute e Scienze Mediche dell’Università di Copenaghen ha individuato che il carboidrato della placenta, che il parassita della malaria attacca per entrare nel grembo delle donne gravide, è uguale a un carboidrato che si trova nelle cellule tumorali. In laboratorio i ricercatori hanno creato dunque una proteina che il parassita della malaria usa per aderire alla placenta e vi hanno aggiunto una tossina, constatando così che la combinazione della proteina della malaria e della tossina scruta le cellule cancerose e ne viene assorbita, una volta ‘dentro’ rilascia la tossina uccidendo le cellule del cancro. Tale scoperta quindi può non solo ridurre le dimensioni del tumore, ma potenzialmente può impedirne la crescita.

“Abbiamo esaminato la funzionalità del carboidrato. Nella placenta assicura una rapida crescita. I nostri esperimenti hanno dimostrato che lo stesso vale per i tumori cancerosi. Abbiamo combinato il parassita della malaria con le cellule cancerose e il parassita ha reagito verso le cellule del cancro come se fosse la placenta e vi si è attaccato”, con queste parole il prof. Salanti ha spiegato la sua scoperta.

I test al momento sono stati effettuati solo su topi malati di cancro, questo il risultato: nel caso del linfoma non Hodgkin il tumore si è rimpicciolito fino a un terzo del volume originale; nel cancro prostatico il tumore è sparito in due topi su sei testati, nell’arco di un mese dalla prima dose; nel cancro metastatico dell’osso cinque topi su sei erano ancora vivi dopo sei settimane di trattamento, mentre zero su sei erano vivi nel gruppo di controllo a cui non è stato somministrato il trattamento. Nota negativa è che, come ogni trattamento, presenta delle limitazioni di utilizzo: non può essere infatti usato su donne in stato di gravidanza, in quanto la tossina della proteina vedrebbe la placenta come un tumore, attaccandola e uccidendola.

Non resta quindi che attendere gli esiti dei test sull’essere umano, che secondo quanto dichiarato da Salanti non avverranno prima di quattro anni. Al riguardo dunque rimane un dubbio: sull’uomo questo trattamento avrà gli stessi effetti? Salanti rassicura affermando che la proteina si attacca a un carboidrato che si trova solo nella placenta e nei tumori degli esseri umani.

Iulia Nicoleta Dana

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