Ritorno Ahmadinejad, preoccupazione in Medio Oriente

TEHERAN – Mahmud Ahmadinejad potrebbe ricandidarsi alle elezioni presidenziali iraniane, dopo un periodo di inattività politica che dura dal 2013.

L’ex presidente, in data 1 febbraio, ha lanciato il suo sito internet Ahmadinejad.ir, accompagnato da un profilo google+ e da uno instagram. Nel sito, che si apre con una foto di Ahmadinejad sorridente, una scritta anticipa una sua probabile ricandidatura per le elezioni presidenziali del 2016: ”Arriviamo presto”.

Ahmadinejad, fedele amico e alleato dell’allora presidente venezuelano Hugo Chavez, è stato alla guida del paese iraniano per otto anni. Il suo governo è stato fortemente criticato dagli USA per le politiche di ammodernamento degli impianti nucleari, per le relazioni con i paesi dell’America Latina e per l’atteggiamento ostile nei confronti di Israele, che sotto l’amministrazione presidenziale di Netanyahu ha spesso inveito nei confronti iraniani accusandoli di finanziare terroristi palestinesi e di esercitare repressioni cruente contro le opposizioni.

Le relazioni tra mondo arabo e mondo sionista hanno conosciuto un inasprimento del conflitto. Proprio l’Iran è diventato, viste e considerate le politiche pro-palestinesi degli ultimi 10 anni, l’incubatrice degli estremismi anti atlantici e critici nei confronti degli occidentali. Al riguardo, proprio da lì parte il concorso internazionale di vignette anti Charlie Hebdo, che ha come tema la negazione dell’Olocausto: pur rispettando il diritto di satira sancito universalmente in difesa delle vignette satiriche pubblicate sul settimanale francese, tuttavia costituisce una provocazione e preoccupa non poco gli attuali attori internazionali impegnati ai fini di una tregua tra Israele e il movimento di Hezbollah, i quali hanno rinnovato l’alleanza contro lo stato di Israele e il suo fedelle alleato statunitense.

Un ritorno sulla scena politica del leader Ahmadinejad costituisce motivo di tensione per le politiche occidentali in Medio Oriente. Una sua vittoria potrebbe compromettere ulteriormente gli assetti militari sul territorio e i rapporti, già in bilico a causa della guerra in Ucraina, tra la Russia, molto influente nell’area, e gli Stati Uniti.

Chris Barlati

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