Preside Carfora: “Credo nei giovani” (Parte 2 di 2)

CAIVANO – Di seguito la seconda parte dell’intervista realizzata alla Preside Eugenia Carfora, dell’Istituto Papa Giovanni / Raffaele Viviani: donna di ‘rottura’, fortemente impegnata sul territorio della periferia napoletana in nome della cultura, della formazione scolastica e della Buona Scuola. 

Qual è il suo rapporto con don Patriciello, figura molto rispettata nella comunità Caivanese?

«La prima persona che cercai subito dopo il mio insediamento fu don Maurizio, perché mi avevano parlato di questo prete, molto carismatico, diretto e determinato. Sulle prime era scettico nei miei confronti perché già altri in passato avevano promesso un cambiamento, salvo poi scappare alla prima difficoltà. Dopo qualche anno gli ho chiesto di realizzare una Messa a scuola, e lui mi ha detto: “Eugè, siamo qua vicino, porta i ragazzi qua” ed io: “No, don Maurizio, io ho bisogno della sua voce tra la mura della scuola”. Quella non fu l’unica volta che acconsentì. Riconosco l’importanza di Patriciello, il suo impegno per la Terra dei Fuochi, il suo dire basta a certe logiche consolidate, ma qui non servono solo eroi. Vorrei che il nostro atteggiamento fosse più condiviso.»

Lei ormai è una figura mediatica. Può dirmi a chi ha rivolto le sue richieste e se sono state accolte?

«Io le posso dire che mi sono rivolta a tutti. La cosa più bella mi è capitata quando mi ha cercato Francesco Profumo, l’ex ministro della Pubblica Istruzione, qualche anno fa. Ai tempi di Ratzinger sono stata intervistata da Radio Vaticana e anche i Salesiani di Torino hanno voluto conoscermi. Sono stati incontri molto belli. Il più emozionante è stato quello con Giorgio Napolitano, il quale mi strinse la mano e mi disse “vada avanti”. Molte volte mi sono detta di scrivere a Papa Francesco. Io vorrei incontrarlo il 21 Marzo quando sarà in visita a Scampia, ma so che non è facile.»

Come riesce ad affrontare le tensioni quotidiane?

«La mia droga, parola che odio, è la musica. La mattina metto un cd nello stereo della macchina e mi dico: devo andare. Mi guardo intorno, provo a pensare poco, se non ai bambini che accarezzo e ai quali dico di andare avanti. Mi dicono che sono aggressiva. Non è facile vivere qui, guardarsi intorno e non avere i mezzi, la forza di risolvere immediatamente un problema. QUI C’È BISOGNO DI GENTE CHE CREDA NEI GIOVANI FINO IN FONDO, e io lo farò finché me lo concederanno.»

La scuola può ancora fare da collante fra cittadini e Stato italiano come accadeva un tempo? Come cambia il ruolo dei professori in un contesto del genere?

«La scuola è un oggetto prezioso e in queste realtà difficili diventa veramente ossigeno. I bambini ormai passano più ore a scuola che a casa, tra tempo pieno, prolungato, progettualità. I bambini sono spugne, assumono modelli. La scuola deve essere l’alternativa ad una eventuale situazione domestica problematica. Le madri spesso sono giovani donne che hanno bruciato le tappe, che da bambine quali sono si ritrovano a condividere un patto formativo col Capo d’Istituto senza aver terminato la loro stessa formazione. Capita che si rivolgano a noi per problemi familiari, intimi, persino di coppia o economici, soprattutto quando c’è da pagare il ticket della mensa. Ogni elemento del personale quindi deve mostrarsi più che all’altezza, oltre che preparato all’emergenza quotidiana. C’è una bassa considerazione dei professori, che dovrebbero essere il cardine della società, formati ed ascoltati più attentamente. Invece spesso incontro insegnanti/professionisti, per i quali la scuola è solo un’appendice. Invoco un Albo dei Professori che possa regolamentarne la figura per offrire ai ragazzi un servizio al passo coi tempi e non più le solite lezioni frontali. Conosco molti giovani precari, magari meno esperti, ma con tanta voglia di scommettere con me su questi ragazzi. Sono forze in campo che andrebbero valorizzate. Non possiamo più permetterci di chiudere un occhio come mi viene chiesto. Io non ci sto, perché così facendo rischierei di perdere altri ragazzi. QUALCUNO È MORTO, NELL’INDIFFERENZA DI TUTTI.».

By Antonio Acconcio

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