Napoli. Scuola. Report dall’incontro sulla dispersione scolastica

NAPOLI – Allo “Spazio Nea”, in Via S. Maria di Costantipoli 53, giovedì 16 febbraio alle ore 18.00 si è tenuto l’incontro organizzato da “Possibile Napoli Città Metropolitana”, per discutere insieme di riforme scolastiche, del tema della dispersione e delle disuguaglianze nel Mezzogiorno. Al dibattito hanno preso parte Roberto Serpieri, docente dell’Università Federico II; Patrizia Perrone, insegnante di scuola primaria; Fiorella Esposito, esponente di FLC CGIL Napoli; Luigi Felaco, Presidente della commissione scuola del Consiglio Comunale di Napoli; e Giulio Cavalli, giornalista.

L’Italia, rispetto al fenomeno della dispersione scolastica, non è messa malissimo se confrontata con il resto dei Paesi dell’Unione Europea. I presenti hanno però sottolineato che la rinuncia allo studio e all’istruzione di ogni singolo studente che ne avrebbe diritto rappresenta una sconfitta per l’intero Paese. Nel Mezzogiorno e nello specifico in Campania, a Napoli, la storia è comunque diversa: la dispersione infatti pare essere più accentuata, soprattutto nei quartieri disagiati, con 153 bambini risultati inadempienti su 326 casi segnalati, per quanto riguarda la Scuola Primaria, con particolare concentrazione nella Municipalità VIII e IV; e 336 inadempienti su 801 casi con particolari picchi nella Municipalità IV, VII e IX per la Scuola Secondaria di I grado. Per la Scuola Secondaria di II grado invece i numeri posizionano la Campania al terzultimo posto in Italia, con un alto tasso di abbandono scolastico, pari al 31,6%. (Fonte: Relazione del Comune di Napoli sulla dispersione dell’anno scolastico 2015/16.).

Roberto Serpieri ha parlato della natura del fenomeno della dispersione, “un trend irreversibile che negli anni, a prescindere dai dati, non cala mai”; risposte manchevoli o errate da parte della politica, disuguaglianza e squilibri enormi tra Nord e Sud, sono stati alcuni dei temi da lui trattati.

Luigi Felaco ha analizzato i motivi di abbandono, che sono plurimi e diversi tra loro e non si esauriscono a questioni culturali ed economiche: innanzitutto la convinzione radicata in molti studenti che lo studio sia inutile perché non porta a reali possibilità lavorative, ma anche l’esigenza di una piccola indipendenza economica degli adolescenti che preferiscono fare lavoretti allontanandosi da scuola. A influire però sono anche i disagi familiari vissuti dagli studenti, le barriere linguistiche riguardo il tema dell’immigrazione con le tristemente noti classi – ghetto e i problemi d’accesso che possono riguardare le persone disabili.

La riflessione portata dagli intervenuti ha riguardato anche la “Buona Scuola”, che secondo Patrizia Perrone “indebolisce il Paese”. La docente ha infatti affermato che le riforme sono sacrosante per il comparto dell’Istruzione, ma non se puntano sulle competenze e sulle soft skills (Competenze trasversali, ovvero le capacità che raggruppano qualità personali come l’atteggiamento in ambito lavorativo, le conoscenze nel campo delle relazioni interpersonali e altro – ndr). In seguito ha ribadito che la lotta alla riforma suddetta, che va contro la missione della scuola, non è di tipo professionale, non riguarda cioè i docenti, i genitori o gli studenti, bensì tutta la società, perché in gioco c’è l’Istruzione e quindi il futuro di uno Stato intero.

Al riguardo abbiamo rivolto le nostre domande a Simone D’Andrea, portavoce del Comitato Gennaro Capuozzo (Il più giovane degli insorti napoletani che parteciparono al combattimenti contro i tedeschi nelle Quattro Giornate del settembre 1943 – ndr) di Possibile.

Perché era necessario incontrarsi oggi?

«E’ stata un’iniziativa di preparazione di un progetto che parte oggi; abbiamo invitato alcuni esperti del settore, persone che si sono occupate del tema della dispersione e attivisti politici; abbiamo ascoltato chi ne sa più di noi e nei prossimi mesi progetteremo iniziative concrete sul territorio. Perché ci sono due argomenti importanti per la realtà napoletana, sono collegati e vanno combattuti: la dispersione scolastica e le disuguaglianze. Quest’ultime sono spesso accentuate dalla dispersione e dalla diversità dei livelli d’istruzione.»

In che modo vanno combattute?

«Bisogna ottenere pari opportunità per i ragazzi che crescono nelle nostre zone e finché non ci sarà una vera riforma in campo scolastico, una riforma che permetta a tutti di frequentare liberamente le scuole e l’università, ma non per avere semplicemente una cultura superiore bensì per acquisire da cittadini una coscienza civica che permetta poi di restituire al territorio tutte le competenze imparate. La scuola non è semplicemente sapere, ma è anche mettersi al servizio della propria terra.»

Le soluzioni?

«Innanzitutto in questi anni siamo andati verso un’autonomia scolastica che troppo spesso si è trasformata in scuole di serie A e di serie B. Le scuole che si trovano su territori migliori, cioè che si trovano su un substrato di maggior ricchezza sociale e culturale, vanno avanti e forniscono competenze migliori, mentre quelle poste in zone di frontiera sono abbandonate a loro stesse. Gli studenti e i docenti sono costretti a combattere ogni giorno con una realtà quotidiana fatta anche di criminalità organizzata. Noi crediamo che si debba offrire una possibilità vera ai ragazzi di quelle zone, in particolare attraverso dei programmi mirati che mostrino la presenza dello Stato e delle Istituzioni. Fino a quando non ci saranno finanziamenti vedremo aule fatiscenti, assenza di laboratori e strumenti che consentano di imparare competenze particolari: penso all’artigianato per esempio. I ragazzi, trattati in questo modo, continueranno a considerare la scuola come una perdita di tempo e finiranno per entrare nei circuiti alternativi della criminalità organizzata, o comunque si riprodurranno disuguaglianze sociali.»

Dario Quattromani

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