Napoli. Flash mob di Amnesty International per Giulio Regeni

NAPOLI – Nel pomeriggio di domenica 15 maggio gli attivisti del Gruppo Amnesty International Napoli si sono incontrati con volontari e cittadini in Piazza del Plebiscito, per un flash mob organizzato in nome dello slogan “Verità per Giulio Regeni”. Lo hanno fatto con l’intento di mantenere viva l’attenzione sulla barbara uccisione del nostro giovane connazionale e sulle legittime aspettative di verità.

Alle ore 17:00 gli attivisti del Gruppo Amnesty International Napoli si sono ritrovati insieme ad altri volontari e cittadini in Piazza del Plebiscito, raggiunta in corteo dal Largo Berlinguer. Davanti Palazzo Reale gli attivisti di Amnesty International e i volontari, reclutati per l’occasione, hanno dato vita al flash mob che ha visto rappresentare, in un gioco di composizioni di tabelloni, il viso di Giulio Regeni e poi la scritta “Verità per Giulio Regeni”. La manifestazione di ieri, realizzata da Amnesty anche in altre città italiane, ha l’obiettivo di mantenere viva l’attenzione sul caso Regeni, il giovane ricercatore trovato brutalmente assassinato in Egitto tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio. E di mantenere quindi vivo l’interesse dei media affinché si faccia luce sulla sua prematura scomparsa.

Per comprendere meglio come si stanno muovendo le varie parti in causa, abbiamo rivolto le nostre domande a Stefano Leone, responsabile del Gruppo Amnesty International Napoli.

Come si sta muovendo Amnesty International per Giulio Regeni?

«Amnesty ha preso da subito a cuore il caso di Regeni per un motivo molto semplice: perché si tratta sì del caso di un ragazzo italiano, ma è un caso sintomatico di un problema diffuso nel mondo e purtroppo sintomatico di quello che sta accadendo in una parte ben precisa del mondo, in questo caso l’Egitto. In Egitto in questo momento c’è una vera e propria dittatura; non c’è bisogno di nasconderlo. C’è un capo carismatico, Al Sisi, che ha dato il via a una politica che è di repressione. Noi abbiamo assistito al drammatico caso di Regeni, ma solo nel mese di aprile sono scomparse più di 80 persone in Egitto. Si tratta di sparizioni forzate. Abbiamo notizie di cittadini che sono uccisi mentre sono affidati alla cura della polizia, degli organi di pubblica sicurezza. Quindi c’è una situazione di grande difficoltà che merita di essere approfondita. Per quanto riguarda il caso di Regeni in particolar modo, la richiesta di Amnesty è la richiesta di indagini che siano puntuali, che vadano in fondo a ricostruire le cause che hanno portato poi al tragico decesso di Regeni; e ovviamente che siano indagini credibili, perché purtroppo come è sempre nel caso di una autorità che indaga se stessa, è difficile arrivare a una verità che sia imparziale, che sia libera da vincoli politici e anche gerarchici. Infatti se si sposa la tesi che il governo sia dietro questo è facile capire come il governo non abbia alcun interesse ad arrivare a individuare i veri responsabili. Il governo egiziano ha fornito dei responsabili, dei nomi, però è chiaro che la situazione non soddisfa l’Italia e ovviamente non soddisfa Amnesty».

Esiste qualche movimento indipendente anche in Egitto che abbia preso a cuore il caso?

«L’ho già un po’ preannunciata: in Egitto c’è una associazione che ha denunciato i numeri che riportavo, le 80 persone scomparse ad aprile, ed è un’associazione che cerca di far luce proprio su queste vittime di tortura e sulle persone maltrattate proprio dalle forze dell’ordine. Però si tratta anche in questo caso, come sempre accade nei regimi repressivi, di un’associazione che è a rischio chiusura praticamente ogni giorno, che viene minacciata. E quindi la situazione è di grande pericolo per la democrazia ed è tutto complicato anche dal fatto che il governo di Al Sisi rappresenta in un certo qual modo una valvola di sicurezza all’avanzare dell’ISIS».

La storia Regeni ha aperto gli occhi della comunità internazionale su ciò che accade in Egitto?

«No! La comunità internazionale non apre gli occhi; soprattutto l’Italia non apre gli occhi, perché purtroppo la ricerca della verità è influenzata dagli interessi celati e dai rapporti tra i paesi: l’Italia è il secondo paese per volume di affari con l’Egitto, il suo secondo partner commerciale. Però questi fattori non devono in nessun modo andare a intralciare la ricerca della verità».

Il valore e il significato della manifestazione di oggi?

«Il senso è da un lato simbolico, perché nei giorni passati si sono ‘celebrati’ 100 giorni dal ritrovamento del cadavere di Giulio. Ovviamente noi facciamo questo tipo di attività proprio per evitare che l’opinione pubblica si disinteressi al caso, perché purtroppo, come spesso succede, passata l’indignazione iniziale c’è un po’ l’effetto della memoria corta. Invece noi siamo qui a ricordare che questa è una questione importante: ripeto, non solo per Regeni, che è chiaramente un simbolo che un certo tipo di violazione dei diritti umani non devono passare sotto silenzio, né in Egitto né in Italia. Purtroppo ne abbiamo avuti casi di tortura, fatichiamo ad adottare un reato di tortura, però dev’essere un problema risolto. Noi ci battiamo affinché questo problema sia risolto»

Camilla Esposito

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