Napoli. Al PAN “La fotografa di Mafia” Letizia Battaglia

NAPOLI – Conquista il mondo con le sue foto in bianco e nero che raccontano pezzi di mafia: dai volti più noti dei boss di “cosa nostra”, ai morti ammazzati nelle strade della sua amata Sicilia. Inizia così, nel 1969, la carriera da fotoreporter di Letizia Battaglia, collaborando con il quotidiano palermitano “L’Ora”. Ma Letizia Battaglia non è solo “la fotografa della mafia”, con un grandangolare ha evidenziato una realtà scomoda e allo stesso tempo veritiera, con i suoi scatti ha saputo gridare libertà e ha raccontato la criminalità.

Lunedì 19 settembre è stata protagonista dell’inaugurazione della II edizione di “Imbavagliati”, al Palazzo delle Arti di Napoli. Una mostra fotografica che ritrae un intero capolavoro in un “Anthology” a cura di Paolo Falcone: un volume di 360 pagine pubblicato da Drago, che delinea le foto di una Palermo degli anni ’70 nel buio più totale.

In una vita trascorsa tra incomprensioni, ribellioni e povertà, Letizia Battaglia per la mostra “Imbavagliati” ha evidenziato la libertà, la verità e infine lo Stato, che hanno accompagnato il dolore che la mafia ha lasciato nei ricordi e negli occhi di queste donne, come la bambina con il pallone nel Quartiere La Cala, Palermo 1980; lo sguardo basso e spento di Felicia Bartolotta, madre di Peppino Impastato, 1980; fino ad arrivare all’immagine che ha riscosso notevole successo, che delinea il volto spezzato di Rosaria Schifati, vedova dell’agente di scorta Vito, ucciso insieme al giudice Giovanni Falcone, 1992. Ma nelle immagini esposte alla mostra, si ricordano anche l’omicidio di Pieganti Mattarella, avvenuto nel 1980; il triplice omicidio, in casa Nerina, la prostituta di Palermo, che si era messa anche a trafficare con la droga senza rispettare le regola della mafia; e infine una fotografia che ritrae l’incontro con Giovanni Falcone e Letizia Battaglia, scattata da Shobhaa, la figlia della fotografa.

Letizia Battaglia porta con sé ancora oggi, negli eventi, la macchina fotografica al collo, come un’amica che non potrà mai dimenticare. “Era difficile fotografare, – ha spiegato Letizia – per me donna era molto difficile, mi respingevano i poliziotti, i carabinieri, i colleghi mi facevano volare. Fotografai l’arresto del feroce boss mafioso Leoluca Bagarella, che mi colpì con un calcio, buttandomi a terra. Ho dovuto impormi, ho disturbato, mi sono messa a gridare “io devo lavorare come voi”, sul luogo dov’era stato ucciso un uomo. E mi ricordo che Boris Giuliano, il poliziotto ucciso dalla mafia nel 1979, mi diede il consenso: grazie a lui conquistai il mio ruolo sul campo. Ma la paura più grande l’ebbi una volta che mi arrivò una lettera anonima a casa, che io portai a Giovanni Falcone, chiedendogli: “E’ uno scherzo? Cos’è questa lettera?”. Lui mi rispose: “Te ne devi andare da Palermo, hai rotto… Non è uno scherzo. E’ vera. Mettiti tranquilla per tre mesi, non lavorare più”. Ma non fu così, continuai, e oggi sono qua e ve ne parlo!”.

By Chiara Arciprete

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