Libri. “Lo sparo nella notte” di Riccardo Rosa

NAPOLI – Lunedì 9 ottobre alle ore 18.30, presso la libreria “Io ci sto” in via Domenico Cimarosa 20, ha avuto luogo la presentazione del libro “Lo sparo nella notte. Sulla morte di Davide Bifolco, ucciso da un carabiniere”, scritto da Riccardo Rosa ed edito da Napoli Monitor. Il libro ricostruisce gli eventi che hanno portato alla morte del sedicenne ucciso al rione Traiano al termine di un inseguimento.

Un pubblico gremito ha assistito all’incontro dedicato al libro “Lo sparo nella notte”, presentato dall’autore Riccardo Rosa insieme a Marcello Anselmi, documentarista di Radio3 che ha collaborato al progetto, e a Viviana Calabria, socia di “Io ci sto”.

Il libro, con copertina timbrata a mano da ciop&kaf, è diviso in quattro capitoli e racconta, attraverso la raccolta sul territorio di informazioni di cronaca a partire dalle primissime ore del fatto fino al termine del processo, gli eventi che hanno portato alla morte del giovane Davide Bifolco, ucciso al termine di un inseguimento il 5 settembre del 2014 da un colpo sparato dalla pistola del carabiniere Gianni Macchiarolo, condannato a quattro anni e quattro mesi di reclusione per omicidio colposo nell’aprile del 2016.

Il caso di Davide è stato molto dibattuto dall’opinione pubblica per la dinamica dei fatti e per una narrazione mediatica rivelatasi spesso falsa e in alcuni casi diffamatoria nei confronti del ragazzo ucciso, della famiglia Bifolco, e in generale del rione Traiano.

Il libro, hanno spiegato gli intervenuti, “è necessario perché contrasta un’opinione, diffusasi in seguito all’episodio, che ha tratto molta forza dalla campagna mediatica. Come se il ragazzo, fuggito dalla volante con due amici su un motorino perché senza assicurazione, a volto scoperto senza il casco, infondo se la sia cercata, riducendo quindi il tutto a una banale dicotomia.”.

Leggere e ascoltare infatti descrizioni di un quartiere come fosse “una zona di guerra”, dipingere gli abitanti di quel territorio come criminali ha in qualche modo alleggerito il fatto, giustificandolo, hanno continuato gli intervenuti, e “il nostro lavoro, il coraggio dei familiari, l’attività dell’associazione Davide Bifolco – Il dolore non ci ferma (Nata in seguito ai fatti di cronaca – ndr), ha bilanciato la narrazione dei media e la tendenza a cavalcare il sensazionalismo”.

“Davide è stato ucciso perché confuso con un malvivente della zona, evaso dai domiciliari, che un’ora prima del fatto aveva fatto perdere le proprie tracce”, hanno spiegato i presenti; “al termine di un inseguimento con i carabinieri, senza violare alcun posto di blocco, fatto quest’ultimo raccontato dai media e smentito dalla ricostruzione del processo.”.

L’autore ha affermato che alla base del libro c’è il lavoro svolto da cronista, le testimonianze e il bisogno di far emergere la verità, un bisogno diventato ancor più forte dopo aver conosciuto la famiglia di Davide e il quartiere da cui proveniva.

Il testo è diviso in quattro punti essenziali, capitoli: nel primo c’è la ricostruzione dei fatti emersa dai processi, che Rosa e Anselmi hanno ricordato al pubblico; il secondo si sofferma sulle modalità in cui la vicenda, attraverso la stampa, è arrivata ai cittadini; nel terzo, una sorta di auto racconto dei cittadini, un reportage con interviste agli abitanti del quartiere, un focus sulle vite e sulle storie del Rione, mirato a rompere quel pregiudizio che dipinge la zona vissuta per lo più da criminali; il quarto e ultimo capitolo invece riporta e resta ancorato alla cronaca processuale.

Giovanni Bifolco, il padre di Davide, ha preso la parola e ha affermato: “dal primo momento mi sono reso conto che il processo non mi avrebbe dato giustizia, che sarebbe stata una lotta impari. Assurdo che la condanna sia stata per omicidio colposo e non volontario”. Riguardo il processo, ha continuato: “l’inquinamento delle prove, il corpo di mio figlio alzato da terra prima che venissero effettuati le attività sulla scena, è più grave dell’omicidio stesso. Spero di portare il libro e la verità nel nord Italia, dove siamo stati dipinti come criminali”.

La chiusura dell’evento ha visto uno dei membri dell’associazione intitolata a Davide raccontare la nascita della stessa e le attività che svolgono nel quartiere. Rivolto alla folla, ha affermato: “non riusciremo a cambiare le intere dinamiche del quartiere, servirebbero interventi strutturali; ma il nostro lavoro punta a trasformare il dolore in una rabbia positiva, nel riscatto.”

Al termine della presentazione abbiamo avvicinato l’autore del libro Riccardo Rosa per rivolgergli alcune domande.

Com’è stata accolta dal quartiere l’idea di scrivere un libro sulla vicenda?

«Fin da subito c’è stato interesse e una grossa disponibilità nei miei confronti, forse perché si è percepito l’approccio diverso. Sono stato agevolato nel corso delle interviste, e infatti ne ho potute fare diverse: gli occupanti casa, chi ha avuto problemi con la giustizia, la maestra elementare e l’operatore sociale. L’obiettivo era sfatare i pregiudizi e mostrare una realtà diversa da quella spesso raccontata, fondamentale quando si va a contestualizzare il caso della morte di Davide all’interno della cornice del rione Traiano.»

Quali sensazioni ha provato durante la stesura?

«È stato pesante emotivamente, perché mi trovavo coinvolto personalmente. Già mi ero avvicinato al caso per una spinta personale, perché da subito mi aveva colpito. Poi guardare la famiglia di Davide che con grande forza e dignità affronta il tutto, è chiaro che solo loro possono sapere cosa si prova, ma entrare in questo dolore è stato pesante. Metterlo su carta mi ha aiutato ad affrontare il coinvolgimento in modo più razionale. Non volevo fare un instant book che parlasse solo del caso e del processo. Davide purtroppo ha vissuto 16 anni, non c’era tanta vita da raccontare, però ho mostrato i dettagli emblematici della sua vita, della sua famiglia, le luci e le ombre.»

Ci può indicare una tra le storie del quartiere che maggiormente l’ha colpita?

«Mi interessava l’eterogeneità finalizzata a scardinare il luogo comune. C’è una storia molto bella di un ragazzo che ha frequentato l’istituto d’arte ed era un artista tra i più promettenti. In seguito ha preso un’altra strada, si è creato una sua famiglia e lavora come carrozziere, e ne è felicissimo. Di tanto in tanto, quando ne ha voglia, dipinge ma ha scelto di prendere una strada più concreta.»

Cosa pensano i familiari di Davide del processo e della giustizia?

«Fin da i primi giorni, io ero lì da cronista, non hanno mai creduto troppo nella giustizia del processo, ma volevano che emergesse la verità. Mi fa piacere sentire dal padre di Davide che il libro è un tassello, un mattoncino costruito verso quella ricerca di una verità praticamente mai davvero raccontata. Il libro, che è di parte sebbene ben argomentato e documentato, si interroga sul processo, ma più che sul numero di anni da scontare mi interessava soffermarmi sulla verità.»

Dario Quattromani

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