Libri. Con Marco Perillo tra i segreti di Napoli

 

NAPOLI – “Misteri e segreti dei quartieri di Napoli” è l’ultimo libro dello scrittore e giornalista Marco Perillo. Lo abbiamo incontrato alla libreria Iocisto mercoledì 22 febbraio, insieme a Vincenza Alfano e Maurizio de Giovanni, relatori della presentazione dell’opera, che è un viaggio attraverso i misteri, i segreti e le leggende di Napoli: l’autore le racconta in 10 tappe, 10 passeggiate narrative che attraversano tutta Napoli, città dal grande patrimonio storico e artistico che offre la possibilità di perdersi, di smarrirsi nei suoi vicoli e nelle sue strade e Marco Perillo vede la città in tutte le sue angolazioni per raccontarle al lettore, creando un romanzo che è anche una guida, proprio perché permette di girare per la città con il libro aperto in mano.

Come nasce l’idea di scrivere un libro sui misteri di Napoli?

«Nasce dall’esigenza di far conoscere al meglio questa città, che è spesso bistrattata e piena di cliché e di luoghi comuni. Andando alla ricerca dei suoi misteri e dei suoi segreti si scopre la straordinarietà di ogni quartiere, non solo del centro storico, ma anche del più moderno Vomero, e anche delle zone periferiche. Andando a scavare in queste strade, che sono ricche di storia, si scoprono le radici antichissime a partire da quelle greco-romane. Napoli è un caleidoscopio, una città molteplice, una città fatta di tante città l’una nell’altra, di tante storie unite in quell’unico nucleo che è Napoli».

Crede nel dualismo della città di Napoli, come raccontava Matilde Serao ne “Il Ventre di Napoli”?

«Si, io credo proprio di si. È nel DNA napoletano. Io a esempio parlo dei dioscuri (Nella mitologia greca rappresentano la coppia, i cui due membri si completano reciprocamente – ndr), che erano appunto queste divinità duali, buio e luce che si alternano. Anche la stessa maschera di Pulcinella in qualche modo è sia metafora del rozzo e del buffone, ma anche del filosofo e del pensatore. Anche i colori di Pulcinella, il bianco e nero, sono in contrapposizione. Napoli è la città delle contraddizioni, ma sono quelle che arricchiscono la città e noi napoletani, e rendono Napoli quella che è. Poi, il discorso che portava avanti Donna Matilde ne “Il Ventre di Napoli”, quello politico, è ancora attualissimo, perché la società che raccontava lei non è dissimile dalla società odierna. Io ho avuto, e ho ancora la possibilità di lavorare a “Il Mattino”, il giornale fondato da Matilde Serao (Insieme al marito Edoardo Scarfoglio nel 1892 – ndr), e la presenza di Donna Matilde si sente ancora. Io la sento vicina proprio per questa mia doppia natura di giornalista e di narratore, che a volte è in contrasto, una contraddizione se vogliamo, ma che crea in qualche modo una ricchezza. Tra le dinamiche della Napoli attuale, fatta delle miserie dei problemi di tutti i giorni, ma fatta anche dai grandi slanci, grandi attitudini culturali e grande successo turistico, che ovviamente ci fa inorgoglire, io non trovo una grande differenza dalla Napoli di fine ‘800 inizio ‘900 raccontata da Matilde Serao».

Quanto ha influito la sua professione di giornalista nella ricerca delle informazioni presenti nel suo libro?

«Questo mi è servito tantissimo perché il lavoro di inchiesta, di scavo e di scandaglio, insieme alla mia passione letteraria, sono stati sicuramente quel quid che ha dato la ‘quadratura del cerchio’ di questo libro. La ricerca delle fonti e anche la comparazione tra fonti e informazioni ha fatto sì che potessi scrivere qualcosa di più attinente alla realtà».

Il suo libro che messaggio intende trasmettere ai lettori?

«Io voglio trasmettere ai lettori un messaggio che è l’universalità dell’essere napoletani, ovvero l’essere orgogliosi di tutte le influenze, le stratificazioni che noi abbiamo avuto nel corso della nostra storia e soprattutto riuscire a riconoscere quelle che sono le nostre radici, le nostre peculiarità, i nostri tesori per poter amarli e rispettarli. Io faccio sempre l’esempio della scacchiera situata nel Campanile della Pietra Santa: quella è una scacchiera di epoca romana, ma è costantemente imbrattata. E anche al centro storico, ad esempio, c’è una stele di epoca greca ed è altrettanto imbrattata. Però, se noi conosciamo di cosa si tratta e andiamo a fondo, capiamo e scopriamo che anche le pietre hanno qualcosa da dirci e raccontarci. L’humus di questa città è antichissima e ci parla ancora oggi. Ecco che allora sapremo creare una città diversa, una città che il tutto il mondo ci può invidiare, più di quanto non faccia già».

By Ilaria D’Alessandro

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