Il 1° Maggio di Giuseppe Aragno: “La classe operaia in Italia resiste ancora e può lottare!”(Parte 1 di 2)

NAPOLI – Il 1° Maggio a Napoli, all’Ex OPG Occupato – ‘Je sò pazzo’: inaugurata la CAMERA POPOLARE DEL LAVORO, concepita come luogo in cui unificare le lotte, operaie e non solo, e in cui formare lavoratori e lavoratrici consapevoli. All’inaugurazione ha partecipato lo storico Prof. Giuseppe Aragno, che abbiamo intervistato per approfondire i temi legati alle prospettive delle lotte operaie.

Oggi 1° Maggio, Festa dei lavoratori; poi il 5 maggio lo sciopero degli insegnanti contro la riforma scolastica del Governo Renzi. Quale data è più importante oggi, per lei?

«Credo lo sciopero del 5, perché sono tempi difficili e l’attacco alla scuola credo sia la chiusura di un cerchio. Il mondo del lavoro è diventato oramai un deserto. La scuola è ancora in piedi, il Jobs Act della scuola non l’hanno ancora fatto. Contro questo tentativo sciopereranno insegnanti, studenti, personale ATA, però quello che doveva essere uno sciopero unitario, è diventato lo sciopero di una sola parte del mondo della scuola.»

Nella nostra precedente intervista, lei disse che la lotta operaia avrebbe dovuto riprendere le lotte di fine ‘800 e inizio ‘900. Ma all’epoca c’era una fortissima classe operaia, oggi dov’è?

«Gli operai ci sono, anche se sembrano svaniti dalla Storia. In un libro scritto e autoprodotto dai giovani che hanno occupato l’ex OPG di Materdei c’è una seria ricerca sulla classe operaia e risulta che c’è stato sicuramente un decremento, ma non come si teme. È chiaro che più che un problema di numeri è un problema di aggregazione, di capacità di mettere in campo gli operai tutti insieme, senza contare che è in campo anche l’altra capacità dei movimenti operai di una volta.»

Quale?

«Quella di mettere in campo più categorie. Per esempio: una volta non avrebbero scioperato solo quelli della scuola, ma tutti i settori. Il 5 maggio invece sciopererà solo il popolo della scuola, ciò presta il fianco agli attacchi a alle accuse che parlano di ‘corporativismo’, mentre quando si uniranno le lotte emergerà che il Paese ha ancora una forte classe lavoratrice. Poi è chiaro che la precarietà, la disoccupazione, tutti meccanismi che Confindustria e una serie di Governi italiani hanno messo in campo di fronte a un sindacato sempre più debole, danno l’impressione di una sparizione della classe operaia. Ma i lavoratori ci sono e possono ancora lottare!»

C’è un leader o un’organizzazione all’orizzonte che possa ‘innescare’ e guidare efficacemente questa lotta?

«In questo momento non ci sono leader né organizzazioni. Ma i leader nascono dalle lotte, i gruppi si organizzano e si coalizzano con le lotte. Per me è impossibile che la globalizzazione abbia modificato questo meccanismo, per esempio: nel 2013 a Genova si volevano privatizzare i trasporti pubblici. I lavoratori (Delle aziende pubbliche dei trasporti – ndr), sfuggendo al controllo dei sindacati, hanno paralizzato Genova per alcuni giorni distogliendo la Giunta comunale di centro-sinistra dalla loro decisione. Si vedeva che in quelle lotte c’era un leader, qualcuno che pensava e che guidava.».

La seconda parte dell’intervista sarà pubblicata a breve.

By Riccardo Bruno

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