Expo 2015: “E’ da italiani rimandare le cose all’ultimo minuto”

MILANO – Non si fa che parlare dell’imminente apertura dei padiglioni dell’Esposizione Universale, ospitata per questa edizione nella città di Milano. Tra scandali, corruzione e ritardi, che hanno accompagnato il progetto fino alla sua inaugurazione, la domanda che sorge spontanea è se il lavoro sia realmente ultimato e quale ruolo abbiano giocato i rallentamenti e le inchieste giudiziarie sull’opinione pubblica estera e sulla credibilità del progetto firmato ‘made in Italy’. Le risposte? Arrivano dal New York Times e dal The Guardian.

A gennaio scorso Milano fu inserita dal New York Times tra le città da visitare nel 2015, scavalcando Cuba, Philadelphia e il parco di Yellowstone, in California. Milano si aggiudicò così un posto d’élite tra le grandi. La scelta del quotidiano di New York fu sicuramente innovativa, considerando che Milano non rientra tra le città preferite dai turisti stranieri: “grazia alla sua dinamicità e la sua vivacità”, così all’epoca spiegò il celebre giornale americano, “la capitale della moda è riuscita a surclassare le rivali Roma, Firenze e Venezia, che da sempre rivestono un posto d’onore tra le mete d’arte più ambite da chi dell’Italia non riesce a fare a meno”. Ma complice di questa scelta è stata l’Esposizione Universale: Milano il 31 marzo del 2008 fu scelta come sede ospitante, ai danni dell’allora piccola Smirne sull’Egeo, della colossale manifestazione all’insegna del Nutrire il pianeta, energia per la vita. Un progetto senza ombra di dubbio ambizioso, che prevedeva un’area espositiva di 1,1 milioni di metri quadri, più di 140 Paesi coinvolti e soprattutto fondi e finanziamenti per milioni di euro. Grandi aspettative dunque per Milano, che sarebbe diventata per sei mesi capitale indiscussa, fulcro centrale e fiore all’occhiello di un’Italia in cerca di rivincita.

Dopo sette anni l’entusiasmo sarà ancora alle stelle? Per il The Guardian e lo stesso New York Times non è più così: il fervore iniziale è svanito strada facendo, tra un progetto e l’altro. A tre giorni dall’apertura dei padiglioni infatti è bastato lo sciopero di una sigla sindacale minoritaria per mandare in tilt tutta la città. La protesta, nata in risposta al piano di lavoro con turni e ore di servizio extra per l’Expo, ha messo in ginocchio Milano: quattro linee metropolitane ferme, mezzi di trasporto pubblico quasi del tutto assenti e una città nel caos.

Nonostante il Primo Ministro italiano, Matteo Renzi, abbia annunciato la vittoria della scommessa Expo, non sono sfuggite ‘all’occhio estero’ le innumerevoli falle nell’organizzazione progettuale e nei controlli. Per non parlare del suo ministro delle Infrastrutture, Maurizio Lupi, costretto a dimettersi in dirittura di arrivo Expo, a causa di un coinvolgimento in intrecci poco trasparenti tra imprenditori e politici, amministratori di governo. Inoltre, come fa notare il New York Times, nonostante l’evento sia stato accolto come un’opportunità per sfoggiare l’orgoglio dell’Italia e la sua eccellenza in ambito gastronomico, restano ancora poco chiare le posizioni di McDonald e di altri colossi industriali, partner commerciali della fiera, ma che sponsorizzano un modello alimentare piuttosto lontano dalla salutare dieta mediterranea.

l’Italia forse potrà dare una scossa temporanea all’economia nazionale, che da anni registra trend negativi, ma sarà davvero difficile cancellare le brutte figure fatte per la realizzazione di Expo 2015, e il The Guardian lo dimostra in una breve intervista: ai suoi microfoni, alla domanda “Secondo voi Milano è pronta ad ospitare l’apertura di Expo tra meno di 3 giorni?”, due intervistati hanno risposto così: “La città pronta? Ovvio che no, è da italiani rimandare le cose all’ultimo minuto”.

By Federica Mandara

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