Ex OPG occupato: la Napoli positiva che risorge dalla disperazione (Parte 1 di 2)

NAPOLI – Il 22 aprile, presso l’ex OPG occupato di Sant’Eframo Vecchio, si terrà l’incontro LA NAPOLI RIVOLUZIONARIA – la Camera del lavoro e la resistenza operaia al fascismo, con intervento di Giuseppe Aragno, già docente di Storia Contemporanea presso la Facoltà di Scienze Politiche della Federico II.

Il 2 marzo scorso, studenti, precari e rappresentanti del Collettivo Autorganizzato Universitario hanno occupato la fortezza di Sant’Eframo in Via Imbriani, per riaprirla alla città. Gli occupanti hanno recuperato alcune stanze e giardini. L’ex Opg, Ospedale Psichiatrico Giudiziario, nonostante sia dismesso è tuttora affidato alla polizia penitenziaria che ha ottenuto un’ordinanza di sgombero dalla Prefettura. Ma già il 5 marzo il Comune aveva ufficializzato il suo appoggio all’occupazione.

L’ex OPG, anticamente un monastero, si sviluppa su due piani e comprende due chiostri, campetti di calcio e aule. Dal 1925 il complesso è stato destinato alla funzione di manicomio giudiziario e poi, dal 1975, a ospedale psichiatrico giudiziario. Abbiamo contattato i ragazzi del CAU per una visita e alla struttura e per approfondire la loro la storia: a guidarci e spiegarci le vecchie funzioni dell’ospedale e le mille storie di disperazione è una giovane studentessa che preferisce restare anonima. La sua intervista la proponiamo in due parti. 

Chi siete e perché l’occupazione dell’ex OPG di Sant’Eframo?

«Siamo diversi giovani, molti del collettivo, ragazzi delle superiori, lavoratori, disoccupati. Riaprendo questo posto, chiuso dal 2008 e abbandonato, vogliamo restituire questo spazio alla città, al quartiere. È uno spazio pubblico, collettivo e non si capisce perché dopo la dismissione deve restare chiuso. Chiunque viene qui ne coglie le potenzialità: si può fare qualsiasi cosa e noi siamo partiti subito con delle attività.»

Di che tipo?

«C’è un teatro per chi non si può permettere di andare, che so, al Bellini. A Materdei manca un teatro, come manca in tanti quartieri popolari di Napoli. C’è il progetto dell’aula studio: le biblioteche chiudono presto e la gente non sa dove andare a studiare. Facciamo doposcuola, laboratori artistici per i bambini che lavorano la creta, l’argilla, il legno. C’è anche il recupero della memoria storica della struttura.»

In che senso?

«Chi non ha avuto il dispiacere di conoscere certe situazioni non sa cosa sia un OPG! Era un vero e proprio carcere-manicomio. Parte del collettivo si occupa della questione della psichiatria, della medicalizzazione della terapia, di come viene repressa la sofferenza mentale. Ma c’è anche altro: Qui parliamo di politica, ma non in senso astratto, bensì parlando dei bisogni reali della gente, che sono tanti, sempre più dimenticati: gli interessi di chi lavora, di chi non prende la pensione, di chi è disoccupato, oggi non li fa nessuno. Porre l’accento sui servizi sociali, sui diritti che ci dovrebbero spettare ma che nessuno ci garantisce, per noi è prioritario.».

A breve pubblicheremo la seconda parte dell’intervista.

By Riccardo Bruno

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