Brexit sì o no? Il dibattito si sposta sui media

LONDRA –  Il quotidiano britannico The Times ha pubblicato in data 23 febbraio una lettera firmata da 200 società inglesi schieratesi contro la proposta di uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea, considerandola un grave rischio per l’economia britannica.

La campagna Brexit, o British Exit, a sostegno dell’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea, per la quale i cittadini del Regno Unito saranno chiamati a votare attraverso il referendum del 23 giugno 2016, acquisisce giorno dopo giorno numerosi consensi all’interno dell’opinione pubblica britannica, opponendo all’immagine, proposta dal Primo ministro David Cameron, di una UE conveniente per l’economia del Regno Unito, le cifre di un’Europa piuttosto costosa; ma mentre il sindaco di Londra, Boris Johnson, ha annunciato due giorni fa il proprio appoggio all’uscita della GB dalla comunità europea, ben 200 leader di altrettante società commerciali che operano nel business britannico hanno inviato una lettera al Times per opporsi alla richiesta referendaria di Cameron, considerandola un grande rischio per l’economia inglese.

La CNN, colosso mediatico statunitense, ha raccolto in un’analisi delle relazioni tra GB e UE i punti chiave del dibattito in corso in queste settimane tra politici, stakeholders e cittadini della Gran Bretagna: risultano nel 2014 cospicui gli investimenti nel territorio della Corona inglese da parte dei paesi europei, per un ammontare di circa 496 miliardi di sterline, quasi la metà di tutti gli investimenti stranieri nel paese, ai quali si aggiungono i 230 miliardi di sterline provenienti dalle esportazioni in altri stati membri EU, dalle quali, secondo i dati dell’Istituto Europeo, dipendono circa 3,4 milioni di posti di lavoro britannici. Il dibattito si è concentrato molto intorno al problema dell’immigrazione: essere parte dell’UE significa accettare un accesso senza restrizioni alle sponde britanniche degli immigrati europei, considerando che ne sono stati stimati 3 milioni, dei quali 2/3 occupano posizioni lavorative, rispetto ad 1,3 milioni di britannici emigrati in altri paesi UE. Altro punto richiamato dai tanti supporters di Brexit è il contributo dato dalla GB al fondo comune europeo, per il quale il paese ha pagato 12 miliardi in più di quanto abbia ricevuto. Principali oppositori, invece, sono le banche, preoccupate dalla British Exit in quanto potrebbe distruggere il trampolino di lancio che queste hanno fatto della Gran Bretagna per il loro business in tutta Europa.

By Miriam Lanzetta

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