Attivismo. Non Una di Meno e Pianeta Milk insieme per Tdor e contro violenza sulle donne

VERONA – Domenica 19 novembre le associazioni Non Una di Meno e Pianeta Milk (Verona LGBT Center Arci-Gay – ndr) sono scese in piazza a Verona per celebrare le ricorrenze del Tdor, ossia il Transgender Day of Remembrance, ricorrenza internazionale celebrata il 20 novembre dalla comunità LGBT (Sigla utilizzata come termine collettivo per riferirsi a persone Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender – ndr) per commemorare le vittime dell’odio e del pregiudizio anti-transgender (Transfobia – ndr) e la Giornata Mondiale contro la Violenza sulle Donne, designata per il 25 novembre e istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite come azione concreta di ribellione alla violenza maschile, tramutatasi negli anni in femminicidio.

Quest’anno a Verona le due associazioni hanno deciso di unire le due giornate di memoria con l’obbiettivo di denunciare la violenza di genere trasversale e strutturale nel sistema in cui viviamo attraverso il racconto grafico e fonico, e nella modalità del reading pubblico, delle storie di dieci donne e dieci donne trans uccise nel corso di quest’anno. Ma anche per “dare vita a una lotta comune, contrastando i quotidiani atti di violenza fisica perpetrati contro le donne e le donne trans, attraverso il racconto di quelle soggettività che non si sono piegate alla norma etero patriarcale (Termine che identifica il genere maschile e l’eterosessualità come superiori sugli altri generi e orientamenti sessuali – ndr) e che per questo hanno pagato con la vita”.

Queste le parole di Laurella Arietti, attivista transgender appartenente al gruppo Non Una di Meno, che in seguito al suo coming out si è messa in discussione creando il Coordinamento Nazionale Trans, un insieme di associazioni e militanti trans, e nello spostamento della sensibilità sociale all’interno dell’equilibrio politico-economico della città di Verona, candidandosi come primo sindaco transessuale nel 2007: «È inconcepibile come ancora oggi la Scuola Psichiatrica Mondiale consideri la nostra identità una “patologia psichiatrizzata”, inserita nel DSM (Manuale Diagnostico dei Disturbi Mentali – ndr). I o le trans vanno viste in un’ottica diversa, che li inquadri come una serie di soggettività capaci di spazzare via il concetto di eteronormatività all’interno di un sistema binario-patriarcale e di un’economia capitalistica che, dal canto suo, cerca solo di schiacciare le libertà individuali: è il nostro cervello che, in sintonia con il nostro corpo, determina la nostra identità, e solo quando quest’ultimo viene ad assomigliare al medesimo cervello si diventa finalmente se stessi. La giornata di oggi, pertanto, è fondamentale per un motivo in particolare: per dare voce a tutte quelle soggettività che la cultura e la causa maschilista e patriarcale hanno ucciso sotto il velo pietoso della “non normalità”, impossibilitando queste ad alzare la testa, ad avere capacità giuridiche e possibilità tali da mettere in discussione il sistema capitalistico  e integralista in cui viviamo, pieno di pregiudizi e preconcetti».

Sulla stessa linea anche il parere di un’altra attivista del movimento, Valeria Mercandino, che sottolineando il desiderio di realizzazione del progetto di libertà totale di espressione e identità ha indicato le linee guida che il movimento Non Una di Meno ha intenzione di portare a termine: «In Italia le tematiche della Transfobia e della Violenza sulle Donne sono sempre state molto distanti l’una dall’altra, anche all’interno della militanza politica: il fatto innovativo che stiamo cercando di far passare è questo: unirle per dare più forza e voce a chi forza e voce non ha avuto per troppo tempo. Il messaggio che vogliamo trasmettere, pertanto, sta proprio nel far capire che la fonte della violenza sta nella mancata lettura di quelle soggettività considerate molto diverse e che in realtà possono tranquillamente coesistere per lottare e fare informazione insieme. Negli ultimi anni il femminismo italiano sta facendo un grosso cambiamento, un immenso passo in avanti, da focalizzarsi non tanto sulle manifestazioni, ma piuttosto sulla questione femminile e sulla capacità di comunicare con le altre soggettività in lotta, come il movimento LGBT, per creare delle vere e proprie connessioni; non a caso la nostra intenzione a lungo termine è quella di aprirsi quanto più possibile alla cittadinanza costituendo un consultorio femminista all’interno del quale sia possibile affrontare anche altre tematiche con la consapevolezza di avere una formazione adatta per poter accogliere e aiutare le persone che hanno subito situazioni di violenza fisica o psicologica».

Sullo stesso argomento il pensiero di Daniele Bassi, collaboratore dell’associazione che insistito sulla tematica della violenza di genere, affrontata attraverso la creazione di un momento di piazza e di solidarietà: «Si parte certamente da un’elaborazione personale per arrivare a un insieme di incontri ed esperienze che hanno preso vita nel nostro movimento globale, che oggi agisce concretamente contro la violenza femminile domestica, in questo vero e proprio collettivo orizzontale che da più di un anno sta lottando instancabilmente anche sulla questione dell’aborto libero e gratuito. Tuttavia, quello che più mi preme sottolineare in qualità di uomo all’interno di questo movimento femminista, ma comunque aperto alla ricerca di collaborazione con tutti i generi, è la lotta contro le mille violenze di genere, che nel loro apice e culmine raggiungono il femminicidio, e contro gli stereotipi sociali che opprimono gli uomini e impongono loro delle convinzioni, dei modi di essere e caratteristiche pre-impostate, al fine di arrivare a considerarsi non più “macisti”, ma liberi da ogni circoscrizione».

Questo invece l’intervento di Laura Pesce, presidentessa del Pianeta Milk, l’associazione Arci-Gay partner dell’evento, che ha spiegato i motivi della collaborazione in occasione della ricorrenza: «Ciò che spinge alla collaborazione oggi con Non Una di Meno è la certezza nel riconoscere che l’omo-bi-transfobia e la violenza di genere hanno la stessa radice e toccano in prima persona anche la nostra identità. Crediamo fermamente che il pregiudizio non sia qualcosa di innato nelle persone, ma anzi si possa contrastare: c’è un costrutto culturale da centrare attraverso un profondo cambiamento nel nostro paese, al fine di modificare questa mentalità da troppo tempo intollerante verso le soggettività altre e verso le donne che si autodeterminano».

By Michele Calamaio

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