Tecnologia. Resisterle è possibile

CASERTA – Sabato 12 e domenica 13 agosto 2017 si è svolto l’evento multimediale “Per sole 24 ore: tecnologia? No grazie!”, che ha avuto come base di partenza la provincia di Caserta, città natale dell’ideatore dell’iniziativa, lo scrittore Gennaro Araldo, ma che ha inglobato successivamente altre città in Italia e nel mondo, al fine di ridurre l’utilizzo della tecnologia per 24 ore, e “riprendere, per la durata di una giornata, la nostra vita normale”. Al riguardo abbiamo rivolto le nostre domande a Gennaro Araldo.

Come nasce questo evento?

«L’evento è un invito ‘morale’ e pertanto nessuno è costretto a partecipare: chi vuole farlo sacrifica le proprie abitudini per limitare l’uso della tecnologia per 24 ore, come da ‘impegno’ preso nei confronti di se stessi, al fine di mantenere la parola data contro questa lotta “internet-tuale”. Tutto ciò perché sostanzialmente penso che “Noi Possiamo”: la consapevolezza di un uso smodato della tecnologia si può tranquillamente notare ogni giorno negli sguardi della gente, nel modo in cui intrattengono le relazioni con gli altri, nella maniera con cui decide di lavorare o affrontare problemi legati a una risoluzione operabile anche potenzialmente con il solo utilizzo del proprio intelletto. Già in altri paesi si utilizzano i mass media per consigliare l’uso necessario ma non indispensabile della tecnologia; tra questi è importante ricordare il Giappone, che ha creato dipartimenti per ‘liberare’ i giovani dalla dipendenza della tecnologia: la cosiddetta Sindrome di Hikikomori. Qui in Italia purtroppo siamo ancorati al semplice studio e sperimentazione, siamo ogni giorno vittime del gioco on-line, senza renderci conto di quanto questa pratica possa portare irrimediabilmente all’isolamento sociale, lavorativo e culturale».

Quali i benefici?

«L’utilità per eccellenza e per antonomasia è senza dubbio diretta alla capacità di riappropriarsi della vita reale, combattendo una guerra quotidiana contro quella virtuale, che spinge corpo e mente a vivere in una realtà fuori dalla concretezza. Senza dubbio è diretto a tutti: l’evento è inizialmente partito solo come curiosità, ma si è mano a mano trasformato in un vero e proprio impegno morale da portare a termine, e ora, dopo una bella soddisfazione triennale che mi carico piacevolmente sulle spalle, posso finalmente dire che i partecipanti non solo aumentano, ma iniziano ad apprezzare sempre di più l’importanza dell’unione della collettività contro questa piaga, che a oggi sembra ancora solo un semplice e piccolo “ago in un pagliaio”».

Il riscontro dell’opinione pubblica?

«Inizialmente ho registrato sicuramente un forte scetticismo, causato dall’impatto mediatico che un evento di queste proporzioni poteva avere sulla stessa opinione pubblica, quindi mancanza di partecipazioni. Col passare dei mesi, e successivamente degli anni, la situazione ha trovato una sorta di equilibrio e ho iniziato a contare una maggiore partecipazione: solo allora ho capito l’effetto che questa propaganda ha portato e fatto scattare nella mente della gente, cioè permettere di prendere coscienza della naturalezza della vita, del suo inconscio bisogno di vivere anche senza l’ausilio tecnologico, della sua necessità appunto naturale di distaccarsi dalla ‘connessione’ che lo lega al mondo virtuale 24 ore su 24».

Come si svilupperà l’evento in futuro?

«Sicuramente continuerò mese per mese, con l’auspicio di poter coinvolgere sempre un maggior numero di persone: tutto il lavoro svolto fino a questo momento deve avere un seguito, deve poter continuare per migliorare una situazione che ha solo messo le radici, e necessita di ancora tanta voglia e passione affinché sbocci. Come si suol dire: “se son rose, fioriranno”; in questo caso però voglio coniugare questa scommessa ancora di più in positivo: se son tecnologie, prima o poi moriranno».

By Michele Calamaio

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