Libri. Intervista a Michele Serio, autore di “Giù le mani dal Vesuvio”

NAPOLI – Venerdì 8 settembre, alla libreria Iocisto al Vomero, Michele Serio, autore di libri di successo quali “Pizzeria Inferno” (2013), “Così parlò il mostro” (2014) e “San Gennaro made in Cina” (2015) ha presentato il suo nuovo romanzo: “Giù le mani dal Vesuvio” (Edizioni Cento Autori).

Alla presentazione, insieme all’autore, erano presenti lo scrittore Mauro Giancaspro e Sergio Brancato, Professore di sociologia dei processi culturali e comunicativi presso l’Università di Napoli Federico II.

Per l’occasione abbiamo avvicinato l’autore per rivolgergli le nostre domande.

Lei ha esordito come musicista, in seguito come autore teatrale, ma com’è approdato al romanzo?

«Sono approdato al romanzo perché in teatro non riuscivo a rappresentare ciò che avevo in mente. Effetti fantastici, come il cielo e la terra che si incontravano, a esempio, sarebbero stati un po’ troppo dispendiosi da rappresentare materialmente in teatro».

Perché per i suoi romanzi ha scelto i generi giallo e noir?

«In realtà io non ritengo di appartenere strettamente a un genere piuttosto che a un altro. Per me non sono generi, ma stili di vita. Io ho scritto un horror quando la vita mi faceva orrore, ho scritto un noir quando la vita mi sembrava nera. Adesso scrivo libri che sono improntati più che altro sull’umorismo e all’interno dell’umorismo ci sono trame gialle e thriller. In fin dei conti uso l’umorismo per trattare tematiche più forti, diverse».

In “Giù le mani dal Vesuvio” ripropone il personaggio di Gennaro Scognamiglio, già presente nel romanzo “San Gennaro made in Cina”, perché?

«Mi piace che per descrivere la nostra città, la nostra situazione, ci sia uno sguardo ‘altro’ e distaccato. Gennaro Scognamiglio è un ragazzo di diciannove anni, balbuziente, imbranato. Proprio per questo ritengo che guardi con il giusto sguardo un mondo che è tutto rigido. Gennaro Scognamiglio è una persona flessibile, che si muove quasi come un fumetto. Mi piace questa distonia fra Gennaro e la realtà, per questo la ripropongo. A mio parere è un meccanismo che funziona e continuerò ad adottarlo, infatti ho in previsione di riproporre questa commistione in un terzo libro che sarà quasi apocalittico (Ride – ndr)».

Nel libro racconta il timore di un attacco terroristico, argomento purtroppo attuale. Come ha coniugato un tema così forte con la trama del romanzo?

«I temi forti sono la mia specialità in qualche modo, quindi non mi fanno paura. Anzi, se non sono forti non li affronto nemmeno, a dir la verità. Molto tempo fa andai a New York, quando c’erano ancora le Torri Gemelle. Le torri mi diedero l’impressione di una cattedrale levata verso il cielo, quasi a voler sfidare gli dei tradizionali. Le torri erano un simbolo, per questo sono state bersaglio di attacchi terroristici. Questo mi ha fatto riflettere: in caso di eventuale attacco terroristico, cosa avrebbero potuto distruggere i terroristi per colpire ed eliminare la nostra identità e colpirci ‘al cuore’? Allora mi è venuto in mente proprio il Vesuvio, il simbolo che meglio rappresenta Napoli. Il Vesuvio però non sarebbe ricostruibile. È da questo pensiero che è venuto fuori il libro».

Con questo romanzo che messaggio intende veicolare ai suoi lettori?

«In genere ai miei lettori non veicolo messaggi perché credo che non sia un’attività che spetti a me. L’unica cosa che voglio trasmettere è una prospettiva diversa di vedere il mondo».

Alla presentazione abbiamo raccolto anche la testimonianza di Mauro Giancaspro, a cui abbiamo chiesto quali elementi di novità ha portato l’ultimo romanzo di Michele Serio, nell’ambito della produzione letteraria dell’autore.

«Nel libro c’è innanzitutto e soprattutto una vena ironica preponderante. Parlando di Napoli, Serio è spesso truce, duro e sarcastico, ma nel romanzo, parlando della sua città, ogni tanto gli sfugge una vena di romanticismo: quando parla della distruzione del Vesuvio, a esempio, lascia da parte l’ironia e il sarcasmo, abbandonandosi a descrizioni più delicate. Lo stesso accade quando parla del rapporto fra il protagonista del romanzo e il mare. Questo rapporto con Napoli e con il mare di Napoli, fatto in maniera anche un po’ romantica, è un’assoluta novità nel racconto di Serio. In fondo Michele Serio è una specie di giostraio che mette i lettori sul trenino della giostra che si infila in anfratti misteriosi dove si vedono cose tremende, truci; poi c’è questa grande corsa in salita e poi si ridiscende pericolosamente giù e poi alla fine del giro noi usciamo stanchi, impauriti, ma divertiti. Quindi questo per dire che “Giù le mani dal Vesuvio” è una lettura coinvolgente, ma anche stressante: il libro lo leggi tutto d’un fiato, e più ti stressi nel leggerlo più sei contento».

By Ilaria D’Alessandro

Leave a comment