Ambiente. A Bresso cittadini preoccupati per il futuro del Parco Nord

BRESSO –  Venerdì 24 novembre si è svolto nella Sala Consiliare di Bresso, Comune dell’area metropolitana di Milano, un dibattito pubblico indetto dall’Associazione Amici Parco Nord e dal Comitato Acque Pulite, a cui erano chiamati a partecipare la giunta comunale e i cittadini. Il tema in questione riguardava la costruzione di una vasca di laminazione nell’area del Parco Nord.

Nel giugno dell’anno corrente, il Comune di Milano ha dato il via libera alla realizzazione dell’area di laminazione: un’enorme vasca impermeabilizzata profonda 10 metri, che permetterebbe di ospitare 250mila metri cubi di acqua proveniente dal fiume Seveso, nei periodi di piena del fiume. Ciò, assieme ad altri progetti di natura simile previsti da AIPO (Agenzia Interregionale per il fiume Po), permetterebbe di evitare l’esondazione delle acque del fiume, che potrebbero allagare i centri abitati del milanese.

Tale vasca dovrebbe sorgere all’interno del Parco Nord, stravolgendone così la fisionomia per ben 38.000 metri quadri. Nei periodi di mitezza delle condizioni climatiche, la vasca verrà alimentata da acque di prima falda e fungerà da grazioso laghetto, costeggiato da una pista ciclabile. Il costo del progetto ammonta a 30 milioni di euro, comprensivi delle compensazioni paesaggistico-ambientali che la legge impone di adottare, dato che si opera in una zona ad alto valore ambientale.

Le discussioni, in merito a tale progetto, si protraggono già da tre anni, perché c’è chi pensa che l’opera apporti pochi benefici alla cittadinanza, anzi causerebbe disagi a chi vive nelle zone limitrofe. Di questo parere sono i Comuni dell’area Parco Nord: Bresso, Cinisello Balsamo, Cormano, Cusano Milanino e Novate Milanese, nonché le associazioni Amici del Parco Nord e il comitato Acque Pulite. La causa del problema infatti è individuabile nello stesso fiume Seveso, terzo in Europa per inquinamento delle acque: si contano circa 1.500 scarichi che rigettano le loro immondizie nel fiume, di cui 1.420 abusivi. C’è un’inchiesta in corso già da diversi anni per trovare gli eventuali colpevoli, ma intanto la Regione Lombardia poco o nulla ha fatto per arginare il problema. Basti pensare alle anomalie che si sono verificate negli ultimi anni: moria di pesci nel 2013 per uno sversamento di ammoniaca; nel 2014 un residente aveva ritratto il fiume con sfumature arancioni; nell’agosto del corrente anno il corso d’acqua ha assunto sfumature di rosso e di viola. Si può immaginare come una vasca grande quanto quattro campi di calcio, ospitante le acque stagnanti di siffatta composizione non sia certamente allettante, c’è chi anzi la definisce una fogna a cielo aperto.

I cittadini, che saranno gli eventuali vicini di casa della vasca, cioè i residenti del Quartiere Papa Giovanni del Comune di Bresso, sono preoccupati per le cattive esalazioni, per la qualità malsana delle acque e i rischi per la salute, e si chiedono: qualcuno si preoccuperà di pulire le acque? Di rimuovere residui e rifiuti che si verranno ad accumulare nel tempo? Perchè non pensare invece a soluzioni alternative più gestibili ed eco-compatibili? Ricordiamo che questa struttura dovrebbe sorgere dalla distruzione di un parco urbano, dall’abbattimento di circa 2mila arbusti.

Tra le soluzioni proposte dagli attivisti e dai cittadini, segnaliamo: depurare le acque del fiume, dunque chiudere gli scarichi abusivi e realizzare opere di pulizia. Le acque così pulite potrebbero essere deviate, tramite un canale secondario verso il fiume Ticino, alleggerendo così la portata del Seveso nel caso di piena. Inoltre bisogna affrontare la questione delle precipitazioni. La forte urbanizzazione ha sconvolto i sistemi naturali di drenaggio delle acque piovane: disboscamenti, cementificazioni e impermeabilizzazioni hanno reso il territorio inadeguato ad accogliere le acque piovane. Una soluzione al problema è stata individuata nell’invarianza idraulica, cioè nel mettere in atto sistemi alternativi di raccolta delle acque, quali a esempio cisterne allocate nel sottosuolo di piazze o giardini urbani, l’utilizzo di asfalto autodrenante e una pavimentazione permeabile che permetterebbe di filtrare l’acqua direttamente nel sottosuolo. Ed ancora rain garden che assorbono le acque così come tetti verdi, vasche di recupero e riutilizzo delle acque meteoriche. Questi sono solo alcuni esempi di soluzioni che consentono la gestione del rischio di allagamento dei centri urbani, dato che lo scopo della vasca è quello di evitare le esondazioni del Seveso nei centri urbani milanesi, in particolare nel quartiere di Niguarda. Adottando soluzioni eco-compatibili si riuscirebbe a ripristinare il ciclo idrologico, evitando che il sistema fognario si sovraccarichi.

Tutte queste proposte sembrano essere di poco conto per il comune di Milano, che sordo alle rimostranze dei comuni e incapace ad aprire un dialogo costruttivo, attua un atto di forza imponendo a tutti i costi la presenza della fogna a cielo aperto da 38mila metri quadri.

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