Egitto, nuove scuole contro il lavoro minorile

IL CAIRO – Omar ha 11 anni e da qualche mese soffre di una malattia della pelle dovuta all’eccessiva esposizione solare, non potrebbe trascorrere più di cinque minuti sotto il sole, ma fino a qualche mese fa si alzava ogni mattina alle 08:00, andava con il  padre nei campi per la semina, a mezzogiorno irrigava, nel pomeriggio invece c’era da nutrire gli animali, finché arrivava stanco alla sera con la sola voglia di riposare. La scuola più vicina era a decine di chilometri da casa e i genitori avevano bisogno di aiuto per coltivare i campi, così Omar è diventato uno di quei due milioni e settecentomila bambini (Cifre approssimative, non sono state condotte vere indagini al riguardo, essendo il Governo impegnato nella lotta a problemi ritenuti più gravi, come il terrorismo – ndr) in Egitto a non avere un’istruzione, dedicati a tempo pieno al lavoro. I bambini vengono impiegati in varie mansioni, alcune molto faticose e sacrificanti come il lavoro nelle cave, dove i più piccoli sono trattati come adulti, costretti a lavorare per otto ore consecutive: attualmente il numero di bambini impiegati nelle cave si aggira intorno alle 5.000 unità, un cifra raddoppiata rispetto al periodo pre-rivoluzione del 25 gennaio 2011.

Secondo una legge del 2003 che regola il lavoro minorile, un individuo tra i 14 e i 17 anni può essere impiegato non più di sei ore e deve essere dotato di un permesso speciale del Ministero del Lavoro. Secondo questa stessa normativa, chi impedisce a un minore la formazione primaria o secondaria è soggetto a una pena di un mese di reclusione. Ma dati alla mano, tali norme sembra siano poco rispettate: un bambino impiegato in una cava non può frequentare regolarmente la scuola, è sottoposto ad orari impegnativi e svolge mansioni come il collegamento di cavi elettrici o sollevamento pietre, tutto ciò in uno stato di totale insicurezza, con macchinari arcaici e senza nessun tipo di assicurazione che lo tuteli in caso di incidente, riscuotendo una paga di sole 25 lire egiziane al giorno, circa 2 euro.

Tornando a Omar, fortunatamente non è più uno di quei bambini. Il villaggio di Fayoum, che fino al 2011 non aveva servizi pubblici come scuole, infermerie, centri medici od ospedali, è stato dotato di una struttura educativa per tenere lontano i bambini dai campi e dalle cave. Omar oggi è uno dei 30 studenti che prendono parte alle lezioni di lingua araba, religione e matematica, cinque ore al giorno, cinque giorni a settimana.

Con la collaborazione di enti come l’UNICEF, il World Food Program e la Caritas sono stati avviati progetti sociali per fare in modo che ogni bambino conosca il lavoro solo dopo aver ottenuto una degna istruzione. L’aiuto degli enti consiste in fornitura di cibo alle famiglie dei bambini, ma anche corsi di avviamento al lavoro per le madri, che in tal modo possono lasciare che i loro figli vivano spensieratamente la propria infanzia

By Margherita Sarno

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