Giovanni Lo Porto è stato ucciso da un drone della CIA, da Renzi solo condoglianze e nessuna protesta

ROMA – Giovanni Lo Porto è stato ucciso da un drone americano. Del 39enne cooperante italiano, che si occupava per la ONG tedesca Welt Hunger Hilfe (Aiuto alla fame nel mondo – ndr) della costruzione di alloggi di emergenza in Pakistan, nell’area messa in ginocchio dalle inondazioni del 2011, se ne erano perse le tracce il 19 gennaio 2012: venne rapito da 4 uomini armati (Azione rivendicata inizialmente da Al Qaeda ma subito smentita – ndr), prelevato con la forza dall’edificio dove viveva, insieme a un suo collega tedesco, Bernd Muehlenbeck, liberato invece senza alcuna azione violenta lo scorso 10 ottobre, probabilmente dietro pagamento di un riscatto, anche se le autorità tedesche hanno sempre negato.

Sorte diversa invece per il cooperante italiano, vittima forse di un protagonismo politico italiano che esegue gli ordini americani senza valutarne le conseguenze sul territorio, conseguenze spesso mortali per quelli del “Nessuna trattativa con i terroristi.”.

A dicembre 2013 gli amici londinesi di Giovanni Lo Porto organizzarono una petizione affinché qualcuno si adoperasse per la sua liberazione. Petizione e appello replicati a gennaio 2014, nell’anniversario del suo rapimento, senza tuttavia rompere il muro del silenzio che aveva ormai circondato la misteriosa vicenda del suo rapimento.

E poi arriva la verità, come un fulmine a ciel sereno il mea culpa del presidente degli Stati Uniti d’America, Barack Obama: “Mi assumo tutta la responsabilità di questa operazione antiterrorismo nella quale è morto Giovanni Lo Porto, il governo USA chiede scusa.”. E Matteo Renzi, il Primo Ministro italiano, si limita invece alle condoglianze: “Provo profondo dolore per la morte di un italiano, che ha dedicato la sua vita al servizio degli altri”. E basta, questo è: Lo Porto è stato ucciso da un drone della CIA, e Renzi tace sull’utilizzo indiscriminato dei bombardamenti dei droni americani su degli innocenti. Tace come un fedele servitore, senza dignità, come il Paese che rappresenta.

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