Lo confermano i numeri. Occidente in guerra solo per il petrolio

LONDRA – Dalla capitale britannica arriva la conferma ufficiale: “Il petrolio spinge l’intervento straniero in guerra”. E’ l’esito di una ricerca congiunta delle Università inglesi di Warwick, Portsmouth e Essex, circa la teoria, da tempo convinzione di molte persone meno ingenue, che gli “incentivi economici siano i principali fattori di intervento militare straniero in conflitti bellici”.

Il rapporto, pubblicato sulla rivista “Journal of Conflict Resolution”, ha preso in esame 69 guerre civili tra il 1945 e il 1999 (Le guerre civili sono stati il 90% di tutti i conflitti armati a partire dalla fine della II guerra mondiale, e il 67% di questi conflitti hanno visto un intervento straniero – ndr), dimostrando con i dati che “E’ 100 volte più alta del normale la probabilità che governi stranieri intervengano in conflitti civili, se gli stessi hanno svolgimento in uno Stato che gode di riserve di idrocarburi”.

Secondo i ricercatori inglesi “L’intervento militare è costoso e rischioso. E nessun Paese si unisce alla guerra civile di un altro Paese senza bilanciare il costo contro i propri interessi strategici”. La ricerca dunque pone il petrolio come fattore dominante nello svolgimento dei conflitti, e ne sono prova evidente gli ultimi interventi armati sostenuti dall’Occidente in Iraq e Libia, e ancora oggi nella guerra degli Stati Uniti d’America contro lo Stato Islamico: “I miliziani islamici hanno ricevuto poca attenzione dai media occidentali fino a quando non hanno cominciato a invadere la regione curda ricca di petrolio del nord Iraq. Infatti, una volta che l’ISIS si è avvicinato ai campi petroliferi, l’assedio di Kobane in Siria è diventata un ‘titolo mediatico’, un simbolo, e gli Stati Uniti hanno iniziato a colpire gli obiettivi dello Stato Islamico.”, queste le parole del Dr. Vincenzo Bove, uno dei curatori della ricerca dell’Università di Warwick.

Sempre riguardo i dati diffusi dalla pubblicazione, scopriamo che “La decisione dei Governi stranieri, di intervenire in una guerra fuori dai propri confini, è dominata dal desiderio di controllare le forniture di petrolio dei Paesi sconvolti dai conflitti, mentre i legami storici, geografici e culturali hanno poca rilevanza”, e ancora che “gli Stati Uniti d’America mantengono una presenza militare in Paesi del Golfo che producono petrolio, e hanno una lunga storia di sostegno ai regimi autoritari e dispotici, nonostante lo ‘scudo’ della democratizzazione che da sempre nasconde gli interessi reali degli USA”.

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