Volontariato. A Napoli serata dedicata all’Africa

NAPOLI – Sabato 9 settembre, presso il cortile della Chiesa dei Santi Severino e Sossio, si è svolto “Khanimambo: la nostra Africa”, evento organizzato dai Giovani per la Pace di Napoli, un movimento di studenti universitari e liceali impegnati nel sociale e legati alla comunità di Sant’Egidio, al fine raccontare storie ed esperienze condivise in seguito al più recente viaggio svolto nel villaggio di Matola, nel Mozambico, non molto distante dalla capitale Maputo.

Oltre alle testimonianze dei ragazzi, in Largo San Marcellino è stata anche tenuta una mostra fotografica con tutti gli scatti principali fatti dai giovani dell’associazione e ritraenti i momenti passati durante l’estate scorsa in Africa. La partecipazione sociale e delle istituzioni pubbliche è stata molto positiva: in particolare, di fronte alla richiesta di partecipazione culturale, non si sono tirate indietro le Istituzioni cittadine e la Chiesa.

A tal proposito, abbiamo intervistato il responsabile generale dell’associazione Giovani per la Pace di Napoli, Gerardo Russo, artefice di questo piccolo miracolo intitolato “Khanimambo”

Come nasce questo evento?

«Abbiamo avuto l’idea di realizzare quest’evento perché vogliamo far conoscere a quante più persone possibili tutte quelle realtà che apparentemente possono sembrare distanti da noi, ma che invece concretamente non lo sono. L’Africa è di fronte l’Italia, geograficamente parlando, ma i problemi che ha questo continente ci interessano in prima persona, culturalmente parlando; basti pensare semplicemente alla sola questione dell’immigrazione: la comunità di Sant’Egidio è presente con le sue attività in 11 paesi (Mozambico, Malawi, Tanzania, Kenya, Repubblica di Guinea, Swaziland, Camerun, Congo RDC, Repubblica Centrafricana, Angola e Nigeria – ndr) con il programma DREAM (Drug Resource Enhancement against AIDS and Malnutrition – ndr) per curare l’AIDS in Africa, occupandosi addirittura anche di tutto il complesso di misure e fattori che possono rendere la terapia efficace, come l’educazione alla salute, il sostegno nutrizionale, la diagnostica avanzata e la formazione del personale. I dati di DREAM ad oggi sono significativi: sono 270.000 le persone in cura che, grazie alla terapia, sono in grado di condurre una vita autonoma e quasi normale; inoltre, dal 2015 fino a oggi, un ulteriore dato registrato e particolarmente positivo è stato quello della nascita di circa il 99,9 % dei bambini sieronegativi nati da madri sieropositive: il virus non solo non ha pesato come un fardello sulle spalle delle mamme africane rassegnate, ma è stato affrontato con la stessa convinzione di chi vuole rendere la vita quotidiana la più grande scoperta che l’uomo, anche quello del terzo mondo, possa fare. In aggiunta in Mozambico, e più precisamente nel villaggio di Matola, dal 2006 la comunità ha fondato un centro nutrizionale quasi definibile come oasi nel deserto: esso ogni giorno offre un pasto completo a più di 600 bambini e completa con determinazione un progresso messo in atto tanti anni fa anche attraverso la risoluzione di un problema importante come quello della fame. Per sostenere questi progetti che si basano sui punti cardini e critici della realtà africana come la sanità e l’alimentazione, la comunità si affida alle donazioni a distanza, che hanno visto negli ultimi anni tuttavia una profondo calo, complice la crisi. Il nostro obiettivo pertanto è anche quello di rilanciare il programma di donazioni che salavano ogni anno le vite di tantissimi bambini e che come unico desiderio solo chiedono il nostro aiuto, il nostro affetto, il nostro tempo».

Quali sono state le vostre motivazioni?

«Le motivazioni che ci hanno spinto a credere negli innumerevoli progetti, che la comunità oramai da tempo porta avanti in africa, sono racchiudibili nell’incredibile maturazione culturale alla quale sono andati incontro i volontari che hanno dedicato, come il sottoscritto, parte della loro vita: un’esperienza diretta che ti fa vedere il mondo da un punto di vista diverso, ti rende partecipe di una crescita esistenziale che migliora te stesso e chi ti circonda. La comunità di Sant’Egidio salva vite, salva chiunque abbia bisogno di una mano: questo succede in Africa come in Italia, e proprio per questo motivo le attività principali sviluppate a Napoli dai noi ragazzi di Giovani per la pace sono quelle relative alle visite in istituto agli anziani abbandonati a se stessi, agli incontri organizzati alla Scuola della Pace, agli interventi in prima persona nei quartieri più in difficoltà della città».

Come portare a termine tutti questi obiettivi?

«La scuola della pace si prefigge di allontanare i ragazzi e bambini di quartieri a rischio dalle strade, attraverso numerose attività sulla pace e sull’integrazione. Non meno importanti sono obiettivi come preparare e distribuire pasti caldi ai numerosi senzatetto che popolano la città campana. Infine, è degna di nota la precisazione fatta sulla differenza tra obiettivi e sogni: il nostro movimento quasi mai parla dei primi, ma si limita piuttosto a ragionare in termini dei secondi: il nostro sogno è quello di vivere in una società che non metta nessuno ai margini, priva di pregiudizi, integrata e moderna, dove tutti possano contare sul prossimo, tutti possano migliorarsi a vicenda, tutti possano condividere un pezzo di vita insieme. Non è un compito facile, ma noi ci crediamo perché, anche se l’estate è volta al termine, molte delle nostre attività ricominceranno: a differenza di altre non hanno mai smesso, perché Napoli è una città solidale, aperta, innovativa, ma che a bisogno di una spinta ulteriore, e questa spinta la necessitiamo da chi più, come noi, ama il prossimo più di stesso: chi sarà la prossima mano pronta ad aiutarci?».

By Michele Calamaio

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