Salute. Donare sangue due volte l’anno è un bene per se stessi e la collettività

SPOLETO – Imponderabili eventi, e recentemente anche il sisma, hanno evidenziato le necessità trasfusionali di un paese come l’Italia. Secondo l’Istituto Superiore della Sanità, in Italia vi sono 1,7 milioni di donatori e l’83% di questi è periodico, cioè dona ripetutamente. La maggioranza dei donatori ha un’età compresa fra 30 e 55 anni, mentre i giovani al di sotto dei 30 anni sono solo il 31%.

Si può donare il sangue a partire dai 18 anni, fino a un’età massima di 70. Ma per raggiungere l’autosufficienza trasfusionale sarebbero necessari almeno 20-25 donatori periodici ogni 1000 abitanti. La Fondazione Veronesi al riguardo informa che nel 2011 nel mondo le donazioni effettuate sono state pari a 107 milioni, mentre nel 2004 erano state donate 80 milioni di unità di sangue. Questi risultati sono dovuti al potenziamento delle reti di raccolta, ma anche e soprattutto alle intense ed efficaci campagne di sensibilizzazione e informazione, portate avanti anche attraverso l’organizzazione di eventi culturali, come gite e conferenze; e aggreganti, come gare sportive agonistiche e passeggiate sociali, da numerose associazioni umanitarie, oltre 70, prime fra tutte l’AVIS, la Croce Rossa, la FIDAS e la FRATRES. Nel merito abbiamo intervistato il Dott. Zuccaccia Massimo, Specialista in Ematologia Generale, clinica e di laboratorio, ed Esperto in Medicine Integrate.

Cosa significa essere donatore periodico?

«E’ chi dona almeno due volte l’anno, con grandi vantaggi per la collettività, ma anche per se stesso.»

Chi si occupa di procurare e gestire il sangue?

«Le unità donate vengono controllate e gestite dal Centro nazionale sangue e dai Centri e Servizi trasfusionali ospedalieri e universitari. Le campagne delle varie associazioni, fondazioni e istituzioni hanno portato dei buoni risultati; l’obiettivo per il 2020 è quello di coprire il fabbisogno di sangue con donazioni volontarie non retribuite, che rappresentano già da molto tempo la regola nel nostro paese. Dal 2004 al 2011 le donazioni di questo tipo sono cresciute di 7,7 milioni di unità e coprono almeno il 90% del fabbisogno in 71 paesi. Sono ancora 73 invece le nazioni in cui almeno la metà delle unità di sangue utilizzate provengono da familiari o donatori retribuiti.»

Quali sono le caratteristiche del ricevente?

«E’ necessario operare dei criteri distintivi, come ci informa la Fondazione Veronesi. Nei paesi ricchi le trasfusioni sono destinate per lo più agli ultrasessantacinquenni (76%), mentre nelle nazioni più povere sono i bambini di età inferiore ai 5 anni i primi riceventi (65%). Cambia anche il motivo delle trasfusioni. Nei paesi ricchi si rendono necessarie soprattutto in chirurgia cardiovascolare, trapianti, traumi maggiori e terapie antitumorali. Nelle aree a reddito medio-basso servono soprattutto per le complicanze legate alla gravidanza e al parto e per le anemie severe nei bambini.»

Vi sono rischi legati alla trasfusione?

«Su questo punto vi sono molte considerazioni da fare. Un problema cruciale è quello degli standard di sicurezza. L’OMS segnala che un quarto delle donazioni nei paesi a basso reddito non sono sottoposte a controlli adeguati, i test raccomandati come indispensabili sono quelli per Hiv, Epatite B e C, sifilide, ciò rappresentando un gravissimo rischio per la popolazione: ricorderete che nei primissimi anni ’80, quando emerse il problema aids, i più colpiti erano proprio i politrasfusi: emofilici, talassemici, anemici gravi cronici. Premesso che nessuna trasfusione può essere sicura al 100 per cento, è necessario ridurre il più possibile i rischi a essa potenzialmente legati: virus emergenti, parassitosi contratte in viaggi all’estero, errori tecnici e altro.»

Chi può donare? 

«Può donare chi ha compiuto 18 anni di età e sia arrivato in salute fino ai 70; sono ammesse anche alcune patologie concomitanti, purché non rappresentino alcun rischio né per il donatore né per il ricevente. La donazione rappresenta inoltre un’occasione per controllare periodicamente, annualmente per i maschi, semestralmente per le femmine, il proprio stato di salute con colloqui e visita medica; esami completi del sangue; visita cardiologica ed elettrocardiogramma, anche con approfondimenti se necessario; e radiografia standard del torace.»

Donando si possono contrarre malattie?

«No, nel modo più assoluto! Tutto il materiale utilizzato è sterile e monouso; il soggetto elargisce il suo dono in una posizione comoda, in ambiente confortevole e assistito da professionisti, medici e paramedici che sapranno far fronte a qualsiasi momentanea difficoltà. Chi dona ha diritto ha ristorarsi presso i locali del Centro e usufruire di una giornata di riposo.»

Concludendo, sembra che donare faccia bene a se stessi e agli altri: un gesto d’amore che potrebbe essere di vitale importanza per ciascuno di noi.

Clemente Cipresso

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