Poggioreale. Tumore diagnosticato in ritardo a un detenuto. Appello della figlia: fatelo morire a casa

NAPOLI – Lunedì 1 ottobre, fuori il Palazzo di giustizia del Tribunale di Napoli si è tenuto l’incontro tra la stampa e gli avvocati e i familiari di Ciro Rigotti, detenuto in fin di vita, a cui sono stati negati i domiciliari. Rigotti, 62 anni, di Ponticelli, era stato arrestato nel 2016 nel corso dell’Operazione Delenda, che sgominò il clan D’Amico egemone nel rione Conocal di Ponticelli. Il processo terminò per tutti nel luglio del 2017, con rito abbreviato: cinque assoluzioni, nessun ergastolo. Tra i condannati, a 9 anni di carcere, c’era anche Ciro Rigotti con l’accusa di spaccio di sostanze stupefacenti. 
“Ogni giorno ricevo decine di lettere dai detenuti del carcere di Poggioreale, che io chiamo mostro di cemento. I detenuti che mi scrivono chiedono di essere curati. A Ciro Rigotti sono stati diagnosticati vari tumori facciali, ma solo perché la famiglia ha mandato un medico a spese proprie. Io ho visitato due volte il padiglione San Paolo, ci sono detenuti ammalati che aspettano da mesi una visita specialistica. Sussiste una carenza sanitaria da paura, Ciro è solo uno dei molti casi di malati non curati di Poggioreale”, questa la denuncia di Pietro Ioia, attivista e presidente dell'”Associazione ex detenuti”, che si occupa dei diritti dei detenuti. Al riguardo, abbiamo raccolto l’appello della figlia di Ciro Rigotti, la sig.ra Nunzia: «Tutto è iniziato 5 mesi fa, con un’emorragia nasale, curata all’interno del carcere con un tampone, ma questo tampone l’ha tenuto per 15 giorni! Andavamo al colloqui e vedevamo mio padre dimagrire e stare male, poi abbiamo fatto entrare un medico da fuori a luglio, ma la tac è stata fatta solo ad agosto, il 31, dopo che il medico esterno chiese di procedere con urgenza: dopo la tac, la biopsia, è si è scoperto che ha un tumore esteso. Non si può operare, né fare chemio, perché è malato terminale. Quindi è stato riportato in carcere, giovedì scorso ha fatto il colloquio ed è svenuto, dunque è stato riportato in ospedale, E ora sta di nuovo al padiglione Palermo del Cardarelli. Il giudice ha detto: “finché c’è vita c’è speranza”, ma a casa non lo manda. Io chiedo solo di farlo morire a casa sua, circondato dal nostro amore, perché non c’è più niente da fare».
Abbiamo contattato anche le Istituzioni carcerarie per una dichiarazione, questa è stata la loro risposta: “La direttrice non ha ottenuto il nulla osta per il rilascio dell’intervista”.

La mattina di giovedì 4 ottobre, dopo una lunga battaglia, Pietro Ioia ci ha informati che Ciro Rigotti ha ottenuto il ricovero ospedaliero, senza scorta, ed è circondato dai suoi familiari.

Serena Costantino
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