Piermacchiè, nuova ‘maschera’ napoletana

NAPOLI – Tra i tanti ‘personaggi’ partenopei, artisti di strada, c’è Piermacchiè, un simpaticissimo cantautore immerso anima e corpo nella tradizione napoletana. Chiunque passeggi infatti per il centro storico, avrà notato almeno una volta questa nuova “maschera”, così a lui piace definirsi, in compagnia di due pupazzi, frutto dell’ingegno dello stesso comico, o come ama definirsi, romanticomico.
Recentemente è stato anche in televisione come coprotagonista del programma “Il boss dei comici”. Pierangelo Fevola è il suo nome reale, e ci ha concesso una simpatica intervista.

Piermacchiè è in TV, in teatro, per strada tra i vicoli di Napoli, ma dove si sente più a suo agio?

«Non c’è un dove preciso, Piermacchié si esibisce dalle stalle alle stelle, dalle bettole ai teatri, per farlo sentire a suo agio basta che lo si lasci esibire per quello che è, in tranquillità, altrimenti prende la frusta e ‘struppea’ chi infastidisce.»

Ci parla dei suoi compagni di viaggio?

«Cominciai come buffone del mandolino: cantavo per la prima volta accompagnandomi con uno strumento di mia costruzione a quattro corde singole; poi con una mandola e poi con la manviola, sempre di mia costruzione, che sarebbe una mandola ad arco, ovvero una fusione di mandola e viola. Questo strumento mi permette di usare una tecnica mista alternata di plettro e arco, e si può suonare anche con le unghie. I due pupazzi sono i miei ‘figli’, Macchiettino pentolino e Macchiettina Selfie: Macchiettino suona con me, percuotendo il cucchiaino sul pentolino grazie a una lenza che unisce la sua mano al mio piede. La bambina invece si scatta solo le foto, però mantiene il cappellino per lo spicciolino. Prima venivo disturbato dai bambini in strada, ma adesso non vengo aggredito più come prima, lo scugnizzo si intenerisce a vedere i piccoli e mi lascia un poco in pace. I miei figli poi fanno ridere, specialmente quando in strada i passanti li vedono passare sul manubrio del mio motorino, anche se spesso fanno spavento a chi guida, quando vedono spuntare due teste come la mia, dal finestrino della macchina.»

I suoi fan amano il tormentone “Si’ bello pisciò”, ma cosa l’ha ispirato?

«Cominciai a scendere in strada per farmi pubblicità, per esercitarmi e perché nessuno mi chiamava per le serate. Cantavo le mie prime canzoni, che erano divertenti, ma non facevano scatenare la risata. Allora pensai di usare il tormentone per coinvolgere di più le persone che difficilmente si fermavano ad ascoltarmi. Cercai le parole che i napoletani usano spesso, perché in se stesse sono già tormentoni. L’enunciazione della frase “Si’ bello pisciò”, la sentii per la prima volta da zio Gustavo, da mio padre e poi dalle persone che acclamavano un cantante. Mi ricordo che una volta accompagnavo al mandolino Sergio il tenore e che a un suo acuto finale un anziano signore gli esclamò la fatidica frase: “Si’ bello pisciò!”, tutti a ridere, il cantante imbarazzato impallidì. Questa espressione si usa per ridicolizzare chi si atteggia. ‘Piscioni’ si nasce e si diventa, si nasce perché si nasce ingenui; si diventa quando la sensibilità del bambino subisce l’autorità dei grandi che lo fanno spaventare di sé e del mondo. Io credo che SIAMO TUTTI UN PO’ PISCIONI comunque, perché anche se riusciamo a scoprire il ‘piscione’ che è in noi, c’è sempre una parte ingenua e insicura che prima o poi viene fuori. “Io canto canzoni per strada e la gente mi dice così: si’ bello pisciò, e che show!”»

Quanto sono importanti le tradizioni napoletane per il suo personaggio?

«Piermacchié è fatto di pezzi di storia di Napoli e d’Italia, ricompone ad arte le sensazioni elettriche che riceve quando passa per il centro storico, è un’espressione propria della città, come tante altre che si incontrano: dal barbone al professore, dal negoziante all’ultimo sciù scià. Pare che questo personaggio sia un restauratore del bello del passato, un nostalgico. Sembra un uomo antico e contemporaneo, riporta con sé una storia dal medioevo a oggi; nel suo costume c’ è il giullare, il macchiettista, il cabarettista. Vive con un piede nel passato e con un piede nel presente, mescolando se stesso al tempo. In Piermacchié esiste la storia di Napoli. Il parafango del suo motorino è fatto dal volto del Cristo velato, nelle scenografie precedenti aveva anche pezzi di città come Piazza del Plebiscito e il Maschio Angioino. In lui vivono le ombre dei grandi artisti come Leonardo, Vivaldi, Dante, Totò, il suo attore di riferimento che lo incantò sin da bambino, perché come dice sua madre: “Pare ca nun recita”.»

Progetti per il futuro?

«Diventare una maschera di Napoli.»

Stefano Colasurdo

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