Napoli. Attivismo. Le opportunità dello “Scugnizzo liberato”

NAPOLI – l’ex carcere “Filangieri” da settembre 2015 è stato riaperto grazie al collettivo “ScaccoMatto” e i residenti del quartiere, dando vita allo “Scugnizzo liberato”. L’edificio del ‘600 era inizialmente un convento, divenuto poi carcere minorile. Una volta in disuso, dopo oltre 15 anni di inutilizzo la struttura è tornata a funzionare, bene, grazie agli attivisti che hanno organizzato tantissime attività, eventi, e opere sociali gratuite.
La struttura si trova al centro di Napoli, sulla Salita Pontecorvo, nei pressi di Montesanto. Un quartiere densamente popolato e con pochissimi spazi di aggregazione a disposizione; quindi oggi lo “Scugnizzo liberato”, con il suo ampio cortile e i 16mila ettari di spazio utile costituisce un vero e proprio riferimento per i giovani dell’intero territorio. La nostra redazione si è recata sul posto per scattare qualche foto e per rivolgere alcune domande agli attivisti.

Che attività offre la struttura?

«Offriamo moltissime attività, in primis il teatro, dove diamo la possibilità ai giovani talenti di esibirsi ed effettuare prove a titolo gratuito. Organizziamo anche dei concerti per offrire intrattenimento musicale a prezzi accessibili. Inoltre disponiamo di una palestra dove organizziamo corsi di Capoeira, corpo libero, pugilato e attività circensi.
Sviluppiamo anche diversi laboratori, molti dei quali aperti ai bambini. E poi all’interno della struttura è presente anche un comparto diretto al Lavoro, settato su una sede di sindacato sociale organizzato con uno sportello per il lavoro, non solo inteso come produzione, ma anche lavoro metropolitano, ovvero un lavoro che offre servizio alla città. E infine uno sportello di diritti sociali ai migranti, per ottenere i propri diritti.»

Perché chiamarlo “Scugnizzo liberato”?

«Quando abbiamo aperto questo spazio era uno di quei periodi in cui si riapriva a Napoli il discorso sulla microcriminalità, sulla camorra, in concomitanza anche con la ricorrenza delle Quattro giornate di Napoli. Proprio da questa struttura infatti sono partiti molti ragazzi, molti scugnizzi che hanno preso parte alla Resistenza, per questo motivo abbiamo deciso di dare tanto spazio ai più giovani e di nominare la struttura in loro onore.»

Quali sono i vostri obiettivi?

«Tutti vorrebbero essere padroni del proprio lavoro. Qui si vuole stimolare il lavoro indipendente, stimolare il lavoro pratico, insegnando il mestiere da chiunque abbia le conoscenze, o anche come già detto con degli sportelli, e sopratutto attraverso tutte le attività sociali e sportive con la finalità di stabilire un rapporto diretto con gli artisti, con i bambini, con gli istruttori e con i volontari. Tutto questo ha per noi una cornice unica, definita di mutuo soccorso, non ci definiamo centro sociale, ma “Laboratorio di mutuo soccorso”. Un altro nostro obiettivo è quello di far conoscere il territorio anche a chi non è del quartiere.»

Le risposte del quartiere?

«Il quartiere aiuta e si rende partecipe, abbiamo un forte seguito popolare alle nostre assemblee pubbliche, che si tengono ogni 15 giorni, alternati ai tavoli di lavori pubblici. Lo “Scugnizzo liberato” è una rete sociale, tutto quello che facciamo è deciso insieme al popolo. Il quartiere sente proprio questo spazio e ha voglia di sfruttarlo dopo 15 anni di disuso. Ora anche chi vuole soltanto leggere un libro, prendersi un caffè o fare una passeggiata, può non allontanarsi per forza dalla propria abitazione, ma può venire qui nel cortile. Lo Scugnizzo liberato è lo spazio che il quartiere non ha mai avuto.»

Avete dovuto superare molte difficoltà all’inizio?

«C’è stato un grande lavoro. Qui era una discarica, c’erano carcasse d’auto e di motorini, erba altissima anche all’ingresso, ora siamo arrivati a un buon punto grazie a un lavoro di tante persone.»

Negli ultimi anni c’è stato un forte incremento di riappropriazione di spazi pubblici inutilizzati, a cosa è dvouto?

«I luoghi di vita più immediati sono gli spazi della città. Chi è che vive la città? Chi ha bisogno degli spazi comuni, chi non ha l’opportunità di poter usufruire di spazi, inaccessibili non geograficamente, ma in quanto privati. Questo risultato è anche una soluzione alla crisi che sta attraversando il nostro paese.»

Stefano Colasurdo

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