Musica. A Bagnoli tanto Jazz per il quartiere

NAPOLI – Venerdì 21 e sabato 22 aprile 2017, dalle ore 19:00 alle 00:00 si è svolta la IV Edizione del Bagnoli Jazz Festival, in Viale Campi Flegrei, una rassegna musicale di gruppi emergenti organizzata dall’Associazione Bagnoli Power e da Vineapolis SuperEnoteca. Presentazione dell’evento e degli artisti affidata a Pippi Peppe, con la collaborazione di DJ Diego Barretta.

Ad aprire la rassegna sono stati gli Asya, un gruppo emergente formato da sole donne: Asia Ronga, voce e piano; Maura de Santis alla batteria; Fede Onirica al basso; e Gaia Olino alle tastiere. Il gruppo ha suonato sul palco musica inedita con canzoni in italiano e inglese. Asia Ronga ha risposto alle nostre domande.

E’ la prima volta che suonate in pubblico?

«No, abbiamo fatto già diverse aperture di concerti, anche importanti, come quelli de La Maschera, Capone Bungt Bangt, Jovine, abbiamo partecipato anche a eventi importanti come La Notte Bianca alla Sanità»

Qual è il vostro modello musicale di riferimento?

«La nostra è musica inedita, la scriviamo noi, abbiamo in cantiere un lavoro discografico. Siamo una band emergente perché sono 6 mesi che stiamo insieme e faremo questo primo EP che uscirà a settembre, composto da cinque brani: tre in inglese e due in italiano, tutti pezzi inediti rock, sound inglese con venature pop. Seguiamo il rock inglese come Oasis e i Cold Play».

Il programma del 21 aprile è proseguito con i Flamenco Napuleno Guitar Duo; Benvenuto Jazz Quartet; Rocco di Maiolo Neapolis Project; Hermanos and friends. Mentre la serata del 22 aprile ha visto alternarsi sul palco i Daysleepers; Mirko Gisonte; N_Rjya “in Jazz”; Sharmacore & McMariotto; American Reunion; Trio.

Abbiamo colto l’occasione della manifestazione per rivolgere qualche domanda anche al direttore artistico della rassegna, il musicista Max Puglia.

Le novità della IV edizione del Bagnoli Jazz Festival?

«Quest’anno ci sono state novità extraterritoriali, cioè che sono uscite fuori dal quartiere: la rassegna è iniziata con band che venivano dal quartiere per valorizzare il territorio, ma poi si è aperto ad altre realtà napoletane. In particolar modo quest’anno ci sono state tutte opere prime e persone che hanno prodotto i loro CD e che hanno presentato canzoni inedite».

E’ ancora un festival di quartiere?

«Può essere definito un festival di quartiere perché parte dal basso, perché non ha nessun tipo di sovvenzione, è funzionale al quartiere stesso, non ci sono sponsor, e in questo periodo critico ha una valenza solo per il quartiere».

Secondo quale criterio ha selezionato i partecipanti?

«Ho soltanto cercato tra amici musicisti, visto che non ci sono molte possibilità di suonare su un palco o nei piccoli club con paghe irrisorie. Ci tengo a dire che molti di questi musicisti hanno esperienze internazionali e sono molto bravi, ma purtroppo non si può vivere di musica e di arte».

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