Mozzarella DOP. Oltre 8000 controlli e mercato in buona salute

CASERTA – Il comparto dei formaggi DOP, Denominazione di Origine Protetta, risulta essere il più importante nell’ambito delle produzioni di qualità. Il volume produttivo rappresenta infatti il 41,6% della produzione totale dei prodotti DOP e IGP, Indicazione Geografica Protetta.

La mozzarella di bufala campana DOP ha riportato negli ultimi anni un fatturato al consumo di oltre 500 milioni di euro, posizionandosi al terzo posto tra i formaggi DOP, preceduta solo dal Grana Padano e dal Parmigiano Reggiano. Il trend di crescita si è mantenuto costante fino al ‘crac Terra dei Fuochi’ con un crollo del fatturato di oltre 57 milioni di euro.

“La sicurezza dell’intera filiera è garantita dagli oltre 8.000 controlli effettuati, tra strutture di audit esterne e ASL, al fine di garantirne la salubrità e mantenere elevati gli standard di produzione e organolettici di prodotto. I monitoraggi sono effettuati a tutti i livelli della filiera, dall’allevamento bufalino al trasporto del latte, alla trasformazione e per finire alla commercializzazione”, queste le parole del Dott. Francesco Netti, docente al Master “Esperti nella tracciabilità dei prodotti caseari: analisi chimiche, genetiche e microbiologiche” della Seconda Università di Napoli.

La produzione della Mozzarella avviene in strutture ad hoc per la trasformazione del latte di bufala proveniente dagli allevamenti. Attualmente, in Campania, il numero di caseifici che operano nella produzione di mozzarella di bufala sono circa 400, la maggior parte sono di piccole o piccolissime dimensioni. I caseifici DOP sono circa il 26% mentre quelli non DOP circa il 74%. La produzione DOP è affidata ai soli caseifici autorizzati dall’organismo di certificazione CSQA, Ente di certificazione che opera a livello internazionale nei settori dell’agroalimentare, e ne sono 135, di cui 48 soci del Consorzio DOP e 87 utilizzatori del solo logo. L’area che comprende le province di Caserta e Napoli corrisponde a circa il 57% della produzione totale, seguita da Salerno con il 31% e il basso Lazio con l’11%.

“L’intero comparto ha risentito dello scandalo della diossina e del crac della Terra dei Fuochi, che indubbiamente ne hanno minato in maniera considerevole l’export. Ma in totale il mercato ha tenuto e mantenuto il terzo posto tra i principali formaggi destinati all’export in Italia. Il rilancio dei consumi, dopo l’emergenza diossina, passa sicuramente attraverso una forte campagna pubblicitaria sul territorio nazionale e nei maggiori paesi importatori: Germania e Stati Uniti. Il comparto gode di buona salute in termini di mercati, ma stiamo assistendo a un avvicinarsi di una fase di plateau (Picco economico a cui segue una caduta – ndr)”, ha infine concluso il Dott. Netti.

Alla luce di quanto emerso, sembra quindi necessario riorganizzare al meglio l’intera filiera DOP e non DOP, alla conquista di mercati nuovi e comuni, sia interni che esteri.

Clemente Cipresso

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