Migranti. L’esperienza di “Carne y Arena”

MILANO – Si è conclusa lunedì 15 gennaio, alla Fondazione Prada di Milano, l’istallazione di realtà virtuale “Carne y Arena” del regista messicano Alejandro G. C. Iñárritu. L’opera è un cortometraggio di realtà aumentata, viaggio immersivo che fa rivivere, tramite un visore, un momento particolare della fuga di persone dal sud America, ovvero quello in cui i migranti vengono intercettati nel deserto del Messico da militari chiamati “Coyotes”. La vicenda è vissuta dal fruitore in prima persona, che divenendo uno dei personaggi si muove con loro, ne sente le voci, i lamenti, le paure. Le scene sono state ricreate con un gruppo di persone che quei momenti li hanno davvero vissuti: i luoghi, gli abiti da loro indossati, i loro ricordi vengono rimaterializzati per trasformarsi in immagini cedibili e fruibili.

Iñárritu non ha dimenticato di sottolineare i particolari: si entra a piedi scalzi, si avverte il freddo della stanza e della sabbia sotto i piedi, anche il vento non è stato omesso, così come le voci, le urla, i respiri. L’intenzione del regista “era di sperimentare la tecnologia VR per esplorare la condizione umana e superare la dittatura dell’inquadratura, attraverso la quale le cose possono essere solo osservate, e reclamare lo spazio necessario al visitatore per vivere un’esperienza diretta nei panni degli immigrati, sotto la loro pelle e dentro i loro cuori.”.

Il numero di coloro che tentano di raggiungere gli Stati Uniti negli ultimi anni è aumentato, a causa dell’inasprirsi del malessere sociale scatenato dall’impennarsi degli atti criminosi, conseguenza della dilagante povertà, dalla militarizzazione del territorio, dall’assenza di uno stato di previdenza sociale. La situazione è andata peggiorando a seguito dell’attentato a New York nel 2011: i controlli ai confini col Messico si sono intensificati, portando all’arresto e alla detenzione di un numero crescente di migranti senza documenti nello stato messicano. Ma le situazioni più pericolose vengono vissute proprio in Messico, dove sono numerose le persone di cui qui si è persa traccia.

Si stima che solo il 18,3% dei migranti riesca a raggiungere la sua destinazione, ed è sulle loro testimonianze che si basa la sceneggiatura di “Carne y Arena”.

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